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Channel: Pensieri di un agricoltore senza tempo
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"Non sei mai raggiungibile" ed il rapporto con il cellulare

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"Non sei mai raggiungibile..."

Un giorno sei bimbo, e sei nella macchia con babbo incurante di distanze ed immerso nella Natura: testa bassa sui funghi, attenzione ad ogni profumo e rumore, incurante di tutto il resto, incantato dalle fronde degli alberi e da tutte quelle foglie così diverse.
L'attimo dopo sei ragazzo, e giri con il motorino laddove hai sempre lanciato la curiosità: senza il pensiero di dare ad altri pensiero, con la voglia di conquistare tuoi spazi e creare nuovi futuri ricordi in quel tuo concetto di viaggio che finalmente di può esprimere.
E poi tutto cambia, ed un giorno la Vita ti consegna quel coso che ti "dovrà" accompagnare da quel momento in poi: per me è stato proprio così, e da subito è iniziato male il rapporto tra me ed il telefono cellulare che certamente non desideravo.
"Chiama quando arrivi!"...e sii doveva avvisare quando avresti raggiunto quella destinazione a cui mai prima di allora era stata data così tanta attenzione.
"Hai la batteria carica?"...ed avere a disposizione chissà quante ore di batteria era la regola, anche solo per una pizza mangiata nel paese accanto.
"Assicurati che ci sia segnale!"...e via a posizionare il telefonino dove le tacche erano più numerose, quando all'epoca le tacche erano una rarità: il segnale, senza il quale il telefonino sarebbe stato inutile.
Nuovi obblighi per nuove ansie che nella mia mente prevaricavano le nuove comodità.
Il tempo è passato, e ad un certo punto mi son ritrovato Uomo prima ed Agricoltore poi, e da quel momento il rapporto con quel coso è stato veramente complicato, direi addirittura insostenibile
Per i primi anni di permanenza al Podere ho lasciato il cellulare nel davanzale dell'unica finestra dove c'era segnale, ma successivamente ho dovuto cedere ed imparare a portarmelo sempre dietro: la frase "tanto non c'ho segnale" non poteva reggere in eterno, e qualche altro angolino "con tacca" di lì a poco l'avrei scovato.
Ricordo quando due anni fa, mungendo le capre, partì la suoneria dentro la stalla: la feci suonare sino alla fine, in un misto di soddisfazione e rammarico.
Ad oggi pochi sono i punti in cui è possibile ricevere e fare telefonate, ma vi assicuro che vivo ugualmente benissimo e con la massima serenità.
C'è chi vive un rapporto morboso con il suo cellulare, chi è maniaco della tecnologia, chi se lo porta perfino a letto, e chi vi passa di fronte buona parte della sua vita (magari giustificando questo per motivi legati al proprio lavoro), e questo accade per la stragrande maggioranza delle persone che conosco.
I social networks poi, quelli si che sono come calamite...
Lo confesso, se non si è capito bene sono Anacronistico anche in questo.
Il Telefono cellulare ce l'ho...mi impegno a tenerlo acceso...una volta ogni tanto cerco di vedere se abbia segnale, ma non riesco a fare di più...proprio non ce la faccio.
E "la cosa più social networks che faccio"è scrivere in questo blog una volta ogni tanto.
"Non sei mai raggiungibile", e mi ripetono oramai tutti la medesima cosa.
Quelle parole mi scivolano addosso, ed ho sempre un mucchio di buoni motivi per fornire motivazioni più che plausibili.
"Ma scusa, ti pare che mi metto a controllare il segnale mentre sforcono il letame dalla stalla? Ti pare che lo faccio mentre divido i pulcini maschi dalle femmine? O magari mentre sto pressando il fieno? Oppure mentre sego la legna? Oppure mentre partorisce una capra?"
Ho sempre fatto fare una vitaccia ai miei Cari per "colpa" del segnale nel cellulare, e mi son sempre sentito un pò in colpa per questa mia Natura opposta a quel vincolo...a quell'obbligo.
Oggi, che sono un Agricoltore, appunto vivo sempre peggio questo rapporto, con quel coso che tengo in tasca, e che regolarmente rompo: il coltello e le chiavi marcano sempre in modo indelebile prima lo schermo (o non so come si chiami...) e poi tutto il resto, e poi la batteria che salta dall'alloggiamento, e poi il telefonino che mi cade o che viene schiacciato...
"Così però ci passi da egoista!", mi è stato detto qualche volta, e mi sa che un pò è vero: il mio massimo interesse non è certo quello di trascorrere buona parte della mia vita a trovare angolini dove ci possa essere una tacca tremolante di segnale (che regolarmente svanisce non appeno avvio la chiamata), né tanto meno quella di essere sempre con la batteria carica (tutto si scarica...mi scarico pure io, e può toccare anche a quel coso), e sopratutto quella di relazionarmi con il mondo in ogni cosa che io faccia.
Sarò quindi egoista, ma io non riesco a lasciarmi condizionare da tutto questo.
"Ma come fai a vivere senza segnale? Io non ci riuscirei mai!"
Ed io cinicamente rispondo sempre con il medesimo tono "Infatti qui ci campo io...e ci campo pure bene, e te sei in paese con 5 tacche, e ci campi pure bene: siamo contenti tutti e due, lo vedi?"
Se solo ogni tanto si cercassero meno scuse e si andasse DI PERSONA a parlare con la gente: in un mondo dove ci si chatta abitando allo stesso pianerottolo...dove ci si inviano cento sms a settimana...dove si socialnetworkizza ogni nostra azione...dove si fanno 30 chiamate al giorno...in un mondo così io mi sento fortemente Anacronistico, ma NON CERTO asociale.
A me piace parlare...tantissimo...e son ben disposto a farlo, magari nel canto del foco, o davanti ad un bel bicchier di vino bono, o in una bella passeggiata, o meglio ancora a cena: ben disposto!
Ma il telefonino lo lascio ad altri, nel limite del possibile.



Piuttosto, giusto per socialnetworkarmi pure io...tra qualche giorno ci sarà da sfalciare il fieno, poi ranghinarlo, pressarlo, e accatastare le presse.
Nell'orto oramai è stato trapiantato tutto, e si procede alla pacciamatura con la paglia e l'erba sfalciata.
Le chiocce per adesso non hanno voglia di covare, mentre la vigna è stata scacchiata.
Il formaggio viene finalmente come dovrebbe, e le ciliegie sono ancora piccole e verdi.
Il cuculo canta a giornata davanti casa, e la notte si dorme ancora con le coperte pesanti.
La vita di campagna va avanti.





Il giorno di San Giovanni al podere

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Talvolta penso che, tra tutti i giorni dell'anno, quello di San Giovanni (24 Giugno) sia uno dei più importanti.
Considerato per molti il "Natale dell'Estate", ecco una serie di "eventi" e detti legati a questo giorno.

Per San Giovanni si cavan cipolle e l'agli
Riferito al fatto che in tale data si usa togliere cipolle ed agli dall'orto, per poi metterne nella "treccia" e lasciarle asciugare al sole dei primi giorni di luglio.  Così si conserveranno per tutti i mesi a venire.

Per San Giovanni l'alveare spande, e per San Martino l'alveare è pieno
E' legata alla data del 24 Giugno infatti la sciamatura di moltissimi alveari, mentre per l'11 Novembre le api dovrebbero rientrare in alveare per il freddo.

Per la vigilia di San Giovanni va a piovere tutti gli anni
Il 23 di Giugno era infatti considerato un giorno piovoso.

La notte di San Giovanni entra il mosto nel chicco
Si intende che il chicco inizia ad arricchirsi dei primi zuccheri.

Se piove per San Giovanni l'asciuttore fa pochi danni
Pioggia che ne richiama altra, delineando un'estate non asciutta...
..ma anche pioggia che salva dall'asciuttore dei primi giorni di Giugno.

San Giovanni il mietitore e San Pietro il Legatore
Per il giorno 24 Giugno si mieteva il grano, ed il giorno 29 Giugno si legavano i covoni per la successiva trebbiatura a fermo nelle aie.

La notte di San Giovanni ogni erba porta inganni
E' certamente una dei miei proverbi preferiti.
Si richiama al fatto che  in tale data molte erbe offrano le loro massime proprietà.
Ad esempio:
- Si deve cogliere lo spigo (la lavanda), e metterla in mazzetti ad essiccare a testa in giù;
- Si colgono le Noci ancora verdi e tenere per fare il nocino;
- Come già detto anche l'aglio veniva colto in questo giorno per proteggere e curare dal maligno;
- La ruta per essere poi essiccata: ottima contro i vermi dell'intestino;
- Su tutti l'iperico, chiamato appunto anche Erba di San Giovanni. Fondamentale il suo oleolito, ottimo per le bruciature e le punture degli insetti.
...e molte altre erbe di cui non conosco esperienza diretta o tradizione.

E da voi quali tradizioni agricole ci sono legate a questo giorno?

Intanto oggi si è messo a fare il Nocino e l'Olio di Iperico.
Ho colto l'aglio per scaramanzia, ma un solo capo poichè che le piante sono ancora tremendamente indietro.





TempESTATE...in ricordo del detto "Si deve mangiare tutti!"

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Fra i pensieri di un Agricoltore Anacronistico ricorre sovente questo: "Ma la gente si rende conto dell'Estate che stiamo vivendo?"


E' mattino presto.
Il gallo canta, ed ecco che il suo vice vuole assecondarlo.
Il cane inizia ad abbaiare.
E' l'alba.
La sveglia ancora no ha suonato.
Una timida luce inizia a filtrare dalla finestra, e tendo l'orecchio come a capire la giornata che sarà.
Mi sveglio, e poco a poco cerco di ascoltare, e...

...fuori piove, ancora!
Penso a quante mattine siano iniziate così...e penso che dallo scorso Settembre la maggior parte delle mattine sono iniziate proprio così.
Piove, nuovamente piove, mentre il lavoro si accumula e le rinunce si moltiplicano: che estate questa!

Mi alzo, e la prima tappa è in bagno, subito ad aprire la finestra,subito a scuotere la testa vedendo che il giorno anche oggi non si vuol fare.
Un pò di colazione, una bella lavata, ci si cambia, e via fuori: stivali (oramai sempre ai piedi da quasi un anno), maglioncino (perchè al mattino è particolarmente fresco), cappa incerata e cappello a tesa larga.
E fuori tutto è bagnato.
Guardo subito la vigna, mi avvicino ed osservo a lungo, alla ricerca di nuove ENNESIME tracce di peronospora: penso al nuovo trattamento da fare, alla poltiglia bordolese da comprare, alla vigna che è impraticabile con il trattore...ed a questo punto impreco, non riesco più a trattenermi.
Governo il cane, governo i gatti, e parto alla volta della stalla per la pulizia mattutina: 
già da tempo sono passato all'unica mungitura serale a favore di una prole più felice di questo.
Ogni carriola di concio (sterco e paglia di lettiera) pesa il doppio per l'umidità e la pioggia che raccoglie durante il tragitto verso la letamaia.
Gli animali che non vanno più al pascolo (perchè questo è sempre bagnato), il loro nervosismo, ed io che tento di placarli canticchiando qualcosa mentre lavoro.
Ma il fieno è umido: anche questa notte ha piovuto a vento, e le presse si sono bagnate..
Gli animali vorrebbero lamentarsi, ma poi rassegnati si accingono a mangiare quanto hanno, mentre io cerco una pressa asciutta e gliela porto.

Il recinto dei maiali pare una fabbrica di fango, ed i polli non vogliono uscire dal pollaio: solo le papere si avventurano sotto la pioggia scrosciante, felici del loro bagnetto mattutino.
I conigli mangiano poco, e vivono rintanati nei loro giacigli, mentre le chiocce con i propri pulcini dissentono da quel loro starsene chiuse.
Non posso fare altrimenti, visto che con la pioggia la volpe si aggira indisturbata, senza che i cani riescano a fiutarla.

La giornata è ancora lunga, ma io debbo tornare in casa per cambiarmi: sono bagnato tanto fuori (per la pioggia) che dentro ai vestiti (per il sudore): la cappa incerata pare soffocare la mia pelle, facendomi pensare che forse sarebbe meglio la pioggia.
La giornata è ancora lunga...ma non posso certo andare a cogliere frutti nel frutteto...tantomeno lavorare la terra...segare legna per l'inverno...piuttosto che fare l'orto.
L'orto...vedere tutte quelle verzure che vanno a male: peperoni giganteschi che non maturano ed iniziano a marcire, peperoncini da esposizione, se non fosse per il sapore di lavato che hanno,cavoli ed insalate crivellati dalle lumache, pomodori da conserva devastati dalla peronospora e dal marciume.
E l'orto si tinge di giallo: sono i fiori di zucca che colorano e svettano tra tutto quel verde.
Ma le patate sono ancora da cavare (togliere dal terreno), come del resto le cipolle e gli agli: ci vuole un poco di asciuttore per fare queste cose...ma quando torna l'asciuttore?

L'uva è tutta maltita (battuta dalla grandine), come pure le pere, le mele, le susine...
La maggior parte degli Agricoltori deve ancora trebbiare i propri campi, ma i cereali stanno oramai ammuffendo.
I campi sono allagati e impraticabili.

Ed allora uno potrebbe anche rimettersi a dormire in casa, visto il "poco" lavoro da fare, ed invece...ci si mette al chiuso e si lavora sino a sera. C'è sempre da fare, ed alla sera siamo morti di stanchezza.
Guai a fermarsi.
Guai a farsi prendere dallo sconforto.



L'altro giorno, mentre ero alla pompa di benzina, c'era una signora che si lamentava con il benzinaio:
"Non è possibile fare una vita così!" diceva con toni accesi "Una persona dovrà pur avere il diritto di  godersi l'estate. Bene o male mica parto per i Caraibi io....mica vado alle Maldive, o alle Fiji. Chiedo solo una quarantina di giorni di sole e caldo."
Ed andava avanti con questo sole e caldo, mentre la pioggia faceva rumore sopra i cofani delle auto parcheggiate lì vicino.
"Se non mi abbronzo paio un cadavere!"
Eccolo il punto: la signora era arrabbiata perchè doveva abbronzarsi.
Ed io che pensavo che fosse adirata per il prezzo della verdura (che era salito drasticamente), o piuttosto perchè i raccolti di grano erano oramai compromessi e di lì a poco anche il pane e la pasta sarebbero aumentati.
Ed io che pensavo che ce l'avesse con il lavoro che ogni giorno doveva fare sotto la pioggia, o per i disagi che questa stava portando a tutti.
Ed invece no: le mancava l'abbronzatura, ed i suoi sacrosantissimi quaranta giorni di mare...e neanche in chissà quale meta turistica.
Il benzinaio (mio amico) mi ha guardato sorridendo: avevo schizzi di fango sin nelle guance, e l'aria stravolta nonostante fossero solo le 10 del mattino.
Non sono una vittima...non voglio fare del vittimismo, ma mi chiedo: la gente si sta realmente rendendo conto di cosa comporti un'estate del genere?
Magari si perderanno dei giorni di abbronzatura...magari si saranno prenotate le ferie al mare in un periodo orrendo da un punto di vista climatico...e magari si saranno anche fatti enormi sacrifici per quella vacanza: ho rispetto di tutto questo, sincero rispetto, ma...ci si rende conto che con un'estate così si rischia di fare la fame tutti (e non solo quei matti di Agricoltori che ci stanno rimettendo in tutto e per tutto)?
Forse, quando tra di un mese ci si renderà conto di cosa questa estate sarà costata anche in termini economici (e non solo in abbronzature mancate), si avrà almeno una visione postuma di tutto quello che è successo.
...ma forse saremo tutti felici di un settembre caldissimo ed estivo, e ci dimenticheremo ancora una volta di tutto il resto.
Oggi sono un Agricoltore Cinico, perdonatemi.



21 settembre: il tramonto dell'estate 2014

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Ultimo giorno d'estate.
Oggi è il 21 di settembre, e termina qui il racconto di questa stagione che tanto rimarrà impressa nella mente mia e di quanti abbiano avuto occhi, cuore e testa per osservare quanto sia accaduto.
Termina l'estate, e si apre un autunno che già da mesi ci portiamo avanti, tra pioggia, temperature basse, umidità e temporali.
Ma l'agricoltura è andata avanti, e seppur tra mille problemi, il lavoro è stato fatto.
Tirando due somme, questo è quanto accaduto negli ultimi tre mesi.

La stalla.
Nel mese di luglio, all'età di 4 mesi e mezzo, ho svezzato i capretti, tutti destinati all'allevamento.
Così facendo ho dato loro la possibilità di bere il latte materno per oltre il doppio del tempo convenzionale, e quindi di rafforzarsi e mettere le basi per crescere grandi, forti e sani.
Purtroppo non sono mai stati al pascolo, poichè questo era perennemente bagnato, ma avranno tutti i prossimi mesi per godere anche di questo.
Hanno comunque iniziato a mangiare erba sfalciata ed appassita, ramaglie varie, oltre che del fieno di ottima fattura.
Ho dovuto sacrificare una delle due mungiture giornaliere (la mattutina) a loro favore, ma il latte prodotto nell'altra mungitura (la serale) mi è comunque bastato per la realizzazione dei formaggi per casa.

Alcune caprette che tentano di poppare dal mio dito, incuriosite dal secchio delle granaglie.
Nel mese di agosto sono iniziati i primi calori per le capre, ed il becco ha da subito cambiato atteggiamento, divenendo più irrequieto, protettivo e ...puzzolente.
Nei primi mesi di settembre buona parte delle capre sono andate in calore, e da quei giorni credo che siano iniziate le coperture (gli accoppiamenti).
Dal gruppo ho separato una capra di 18 mesi perchè ancora è troppo piccola di struttura, e temo che avrebbe problemi nella gestazione.
Tutte le capre sono andate in asciutta nei primi giorni di settembre.

Il castro
L'unico esemplare allevato ha oramai compiuto i due anni, poichè lo scorso anno non mi è stato possibile macellarlo (pioveva sempre).
Come spesso accade, mi sono inevitabilmente affezionato, complice il suo carattere docile e la sua predisposizione all'addomesticamento.
Infatti addomesticare un maiale non è cosa impossibile, e la mia volontà è quella di tenerla come riproduttore, conducendola perfino al pascolo: un pò come faceva la mia bis nonna quando era bambina, anche io proverò a gestire un maiale solo con l'ausilio della pazienza e di un secchio con qualche mela...giusto per incentivarla a darmi retta.
Seppur superi abbondantemente i 200kg di peso, l'animale è sempre attento a non sopraffarmi fisicamente, e si lascia grattare la testa e dietro le orecchie prima di essere governato.
L'estate piovosa, con la conseguente guastatura di buona parte della frutta e della verdura, le ha permesso di godere dei tanti scarti del frutteto e dell'orto, e adesso le attende un mese di uva, per poi passare alle castagne ed alle ghiande...sempre con orzo in chicchi.

Il pollaio
Le galline hanno deposto molte più uova dello scorso anno, e salvo una breve pausa nel mese di agosto, le produzioni sono state ben sopra le aspettative.
Le chiocce sono state soltanto due, e quindi questa estate è stata la più povera di tutte in fatto di covate.
Comunque ci sono una trentina di nuovi pollastrini in attesa di essere liberati nel gruppo, con conseguente affermazione delle gerarchie e successiva selezione dei nuovi maschi.
La femmina ha deciso di scegliere come cova un vecchio vaso rotto (vedi freccia), mentre le compagne ed il maschio paiono voler vegliare su di lei.
Intanto tra le anatre mute, dopo tante "prove fallite", una femmina ha deciso di mettersi a covare...adesso.
Non ho visto quante uova ci siano, ma temo che il freddo e la cattiva stagione non possano aiutarla molto.
Io continuo a dare mais, grano ed orzo, oltre che abbondanti dosi di erba fresca e frutta.

La conigliera
Il mese di giugno pareva essere uno dei migliori, con bei conigli pronti all'ingrasso (sempre con fieno di erba medica ed orzo in chicchi), ma...nel giro di pochi giorni si sono ammalati tutti, compresa la madre, e non ce l'hanno fatta.
Seppur la cosa mi abbia fatto molto arrabbiare, ho comunque dato buona parte della colpa alla stagione, ed al fatto che la tanta (troppa) umidità ha portato una notevole concentrazione di zanzare anche qui in collina dove non ci sono mai.
Ad oggi ci sono due nuove fattrici ed un nuovo maschio, e la prima figliata di sei elementi sta crescendo a vista d'occhio.

La vigna
Povera vigna...
Annata peggiore non poteva esserci: almeno tre attacchi di peronospora (per fortuna mai sul grappolo), una discreta presenza di piante con Mal dell'Esca, e adesso il marciume dei grappoli non ancora maturi.

Grappoli di Sangiovese con evidenti marciumi su acini non ancora maturi
Ancora presto per la vendemmia, ma anche quest'anno dovrò rinunciare ad una discreta parte di uva inevitabilmente compromessa.

Oliveta
Non ci sono più olive, se non pochissime per assicurarmi una minima quantità di olio per autoconsumo...sperando che la mosca dell'olivo o l'ennesima grandinata non mi guastino anche quella.

L'orto
Assieme alla vigna è quello che ha avuto più travagli.
Produzione di pomodori da conserva pari a zero, con le quasi novanta piante tutte marcite prima di portare a maturazione i frutti.
I pomodori da insalata, nella varietà del Pisanello, hanno avuto una perdita del 90%, mentre quelle della varietà del Costoluto di Firenze hanno visto una perdita del 50%.
Le varietà di Pallino Toscano e di Ciliegino hanno subito solo una perdita del 20%, ma hanno terminato presto la loro produzione.
I peperoni sono stati numerosissimi (e lo sono ancora), ma purtroppo dovevo coglierli prima che prendessero colore, poichè sarebbero marciti.
Miglior sorte per i friggitelli ed i peperoni da insalata: abbondanti come non mai.
Anche le melanzane hanno dato grandi soddisfazioni: non avevo mai avuto una produzione del genere.
Le zucchine hanno fatto del loro meglio, salvo poi essere attaccate dal solito oidio che ne ha rallentato prima, e ben presto terminato le produzioni.  Ma quanti fiori...quanti, a mazzi di 80 per volta, li abbiamo usati per ripieni, sughi e fritti...che bontà.
Le zucche sono abbondanti, ed ancora continuano a crescere in attesa di un poco di sole per farle maturare: credo che quest'autunno ed inverno mi toglierà la voglia di risotto alla zucca, zucca gratinata e tortelli di zucca.
Le patate sono state tolte quasi tutte (manca solo qualche buca) ed il risultato è stato ottimo ed abbondante.
Idem per le cipolle, mai così grosse e saporite, mentre gli agli sono rimasti piccoli (anche se molto buoni).
Di seguito qualche foto.

Alcune delle cipolle appena raccolte, della varietà di Rossa Fiorentina

Pomodoro Pisanello che continua a fiorire

Ultime melanzane di stagione

E mentre scrivevo questo post, sono uscito per scattare una foto all'ultimo tramonto estivo, mentre sulla mia testa volavano quattro rondini: le ultime che stanno per partire (credo proprio domani).
Questa estate 2014 si conclude così, con un tramonto rosso carico di propositi che lascia pensare alla bella stagione.

Ultimo tramonto dell'estate 2014




Ora solare...adesso c'è bisogno di RALLENTARE.

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Ci sono state annate difficili.
Ci sono state annate molto difficili.
Quella di quest'anno le ha superate tutte.

Non voglio che questo breve post sia il "solito lamentarsi dell'Agricoltore", ma vorrei solo lasciare alcune ultime considerazioni sull'argomento.
Metà uva raccolta, con almeno tre volte il tempo impiegato per farlo (grande scelta del sano tra marciume, botrite ed uva non matura): questa vendemmia è costata sei volte tanto, ed il vino non potrà certo essere venduto ad una cifra che ricopra tale spesa.
Neanche una castagna per la vendita...neanche per la casa...forse qualcuna per i maiali.
Neanche un oliva per fare l'olio di casa, e quindi neanche mezzo litro destinato alla vendita.
Tre aspetti di un'annata storta, dove le lavorazioni sono state comunque eseguite, con impiego di tempo, forza lavoro e denaro.
Amici Cari, in campagna non c'è lo stipendio fisso...
Ma adesso è entrato l'orario solare.
"Ma non puoi essere felice che le giornate accorcino" mi sento dire ogni anno, ed ogni anno io rispolvero la stessa considerazione: adesso c'è bisogno di...RALLENTARE.
In una società che ci vede sempre di corsa, dove si rischia di perdere il gusto del tempo, la Natura detta la sua Legge, e con l'Autunno (il momento in cui la Natura "tira su la coperta") tornano anche le giornate corte.
Alla mattina per un primo periodo ci sarà da svegliarsi ancora prima , ma nel pomeriggio la giornata scivolerà presto nel notturno: sarà questo un momento che aspetto dal lontano marzo.
Riappropriarsi di quei momenti fondamentali per il Podere, la vita di campagna, e magari anche per il sottoscritto.
C'è la Baracca da mettere apposto: in questi lunghi mesi non mi sono mai dedicato al riordino, e gli attrezzi da lavoro sono disseminati un pò ovunque, c'è da ripulirli, ingrassarli, riporre gli utensili del quotidiano nelle proprie cassette e custodie.
Devo capire quante chiavi inglesi, tronchesi e mazzuoli ci siano da ricomprare: ogni anno infatti "il lavoro si mangia" alcuni utensili (quelli più usati), che regolarmente spariscono chissà dove (e generalmente non riappaiono più).
Ci sono le cose da aggiustare (credo che la saldatrice avrà da fare il suo bel lavoro), ci son le cose da buttare, ci son le cose da riorganizzare.
Mancano i chiodi, mancano dadi e bulloni di varie misure, mancano gli elettrodi per la saldatrice, mancano le funi (anche quelle spariscono ogni anno).
Devo sostituire la barra della frullana (falce fienaia), devo arrotare le lame delle zappe, della vanga e del piccone, ci son le punte del trapano da controllare, ed un nuovo avvitatore da ricomprare.
Tutto questo nelle ore di buio che mi separano dalla cena.
Poi c'è il trattore da controllare: cambio dell'olio, dei filtri, una soffiata al motore, liquido anti gelo da mettere, e tanti piccoli lavoretti oramai rimandati da troppo tempo.
Non ultimo ci sarà il momento per godersi il camino, magari con un buon libro, magari ascoltando della musica, magari parlando con mia moglie, o magari standomene in silenzio a sonnecchiare cullato dallo scoppiettare della legna che arde.
C'è bisogno di Rallentare, credetemi che ce n'è bisogno tanto per le membra quanto per l'animo.
Le foglie cadranno, l'aria sarà frizzante, tutto si farà più silenzioso...quasi ovattato, e dopo l'esplosione autunnale i colori si placheranno.
Ora solare.


Dalla Bellezza alla Diversità: cronaca di un viaggio nella Capitale

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Ogni mio post è sempre stato legato direttamente al mondo dell'Agricoltura, al mio modo di vederla e farla, ed alla mia vita in questo mondo.
Ma questa volta devo "uscire dal seminato" e condividere con voi un'esperienza che mi è accaduta non troppo tempo fa.


Erano anni che con mia moglie dicevamo di prendersi una pausa e di andare a visitare la Capitale: sono sempre stato il primo ad avere curiosità di farlo, e da almeno dodici-tredici anni mi riproponevo la volontà di una visita turistica alla Città Eterna.
Ebbene, senza troppo indugiare, e sotto l'organizzazione della moglie (estremamente più dinamica del sottoscritto e mai povera di entusiasmo), siamo pariti con l'auto (prestatami da babbo perchè la mia oramai non è più in grado di reggere tali "emozioni") alla volta di Roma.
La foratura all'imbocco del GRA non ci ha scoraggiato minimamente, ed anzi ci ha fatto sorridere non poco: ogni volta che ci muoviamo succede qualcosa, ed oramai la prendiamo con filosofia quasi come a dire "stavolta abbiamo già dato, adesso tutto andrà benone".
Il traffico di questa città è qualcosa di...enorme, e con la nostra macchina ci sentivamo una lumachina in mezzo a tutta quella frenesia: guardavamo i palazzi affacciati sulla tangenziale, e ci domandavamo come facessero a vivere in tutto quel frastuono, mentre le auto suonavano all'impazzata ed i motorini ci sorpassavano in ogni direzione.
Trovato parcheggio ci siamo da subito ambientati in quella che sarebbe stata la nostra "residenza" per qualche giorno, e poi subito alla volta della metropolitana.
Confesso che non era la prima volta che la prendevo, ma dopo molti anni mi ha fatto parecchia impressione scender giù sottoterra ed incastrarsi tra la gente (tanta gente) dentro a quel trenino che accelerava e frenava, ri-accelerava e ri-frenava, ri-ri-accelerava e ri-ri-frenava.
Quanti odori in quel vagone, e quante facce diverse, senza che nessuna si osservasse: tutti quegli sguardi fissi verso il basso, contemplando i telefoni cellulari che ognuno aveva tra le mani. Nessun libro...nessun quotidiano...nessuno che si scambiasse sorrisi di cortesia o parole di circostanza, nulla se non occhi fissi su quegli schermi colorati. Gente che entrava ed usciva dai vagoni sempre con lo sguardo fisso su quei cosi ben stretti tra le mani.
Una volta a piazza di Spagna abbiamo sentito Roma, che ci ha accolto con tante persone straniere che ci gridavano qualcosa di incomprensibile, porgendoci delle specie di bacchette di metallo.
Io non capivo, e c'è voluta mia moglie per comprendere di che cosa si trattasse: "Selfii...Selfii...Selfii!" Ma che strano romano che parlavano, ed accaniti continuavano a bloccarci il passaggio brandendo sotto al nostro sguardo quei così di metallo.
Ho pensato che si trattasse di uno di quegli aggeggi che si usano per prendere i barattoli nei ripiani più in altro (una specie di manina meccanica).
Ma poi l'orda di giapponesi che avevamo alle nostre spalle ci ha svelato l'arcano: la bacchetta serviva per metterci il telefonino...oops, scusate lo smartphone, e per farcisi gli autoscatti (Selfii..).
La cosa mi ha fatto sorridere, perlomeno all'inizio, ed era buffo vedere tutte quelle persone che si autoscattavano tenendo il proprio smartphone su questa bacchetta.
Non gli ho dato troppo peso, ed abbiamo proseguito la visita in Via Condotti.
Li ho contati: ci hanno raggiunto ben 14 di questi venditori, solo in Via Condotti.
Siamo stati a Roma per quattro giorni, ed a dirla tutta abbiamo girato come dei matti, dai Fori Imperiali, al Vittoriano, da Piazza Navona a San Pietro, da San Giovanni al Colosseo: non c'è stato un attimo, uno scorcio, un monumento, una piazza dove non siamo stati raggiunti da questi venditori.
Non sono qui a scrivere del disturbo, anzi: salvo due occasioni dove me li hanno sbatacchiati sul naso, la cosa mi lasciava piuttosto indifferente.
Ma quello che invece non mi ha lasciato indifferente è stato l'utilizzo di questi cosi di metallo e sopratutto di questi nuovi telefoni.
Un esempio: per vedere la Bocca della Verità c'era una fila di almeno quaranta persone, e c'era un signore (paziente e gentile) che faceva procedere le persone in fila indiana sino alla scultura, e si rendeva disponibile per fare scattare le foto con i telefoni dei turisti.
Dei quaranta in fila, io e mia moglie eravamo evidentemente gli unici a non avere uno di quei cosi, e lo sguardo sorpreso del signore che gestiva la fila (sommato a quello delle altre persone in fila dietro di noi) l'ha detta lunga su quanto fossimo veramente strani...doversi...fuori dal tempo...anacronistici.
Per noi il divertimento è stato quello di mettere a turno la mano in quella bocca, e farsi una domanda a testa per vedere se dicessimo la verità: ridevamo, ma la gente ci guardava incredula.
"Ma che hanno fatto a fare la fila 'sti due che manco avevano il telefonino" ho intercettato mentre uscivamo...
...pure nel Colosseo, mentre noi due giravamo liberi all'interpretazione della visita, masse di persone incastrate come in un tetris si autoscattavano (naturalmente muniti di bacchette) in una raffica di flash che facevano luce pure in quella buia giornata di novembre.
Ma la prova più grande l'ho avuta durante la visita ai Musei Vaticani, e sopratutto nella Cappella Sistina, dove gli addetti all'ordine dovevano sgolarsi per ripetere (giuro...fino alla nausea) "No picture, No Video. No foto, no video"
La solennità del Giudizio Universale, lo struggimento della Creazione di Adamo, la commozione per tutte quelle opere di Michelangelo, del Botticelli, del Perugino e di molti altri...tutta quella magia Unica al Mondo...tutto era disturbato continuamente dai richiami fatti dai tanti addetti.  Non bastavao i cartelli, no, non bastavano i richiami: la gente DOVEVA fotografare, e lo faceva in modo quasi compulsivo, incurante dei richiami e dei partaccioni (rimproveri) a cui erano sottoposti...nulla, dovevano farsi il "Selfii" anche lì sennò stiantavano (altrimenti sarebbero scoppiati).
Quanto mi sono incazzato...perdonatemi, ma non trovo altro termine per descrivere il mio stato d'animo.
Perchè?
C'è qualcuno che me lo spiega il perchè?
Per dire: "Vedi, c'ero anche io?"
Ma che ti cambia mi chiedo, non basta più quello che i nostri occhi, la nostra mente ed il nostro cuore ricordano? Non basta più tutto questo per dare credito al ricordo condiviso? La gente se non lo vede non ci crede più che uno è stato a Roma, o cosa?
Siamo così stregati dell'istantaneo-socialiero di internet che ALL'ISTANTE si deve far vedere ad altri dove siamo e quello che facciamo?
Non lo so...io non riesco a capirlo: a trentacinque anni io non riesco a capirlo.
Mi chiedo: ma la gente che fa così si gode veramente la visita di tali luoghi, Colosseo o cappella Sistina che siano, o piuttosto...GODONO DI PIU' nel mostrare ad altri quello che fanno?
Tutto questo mi pare così...esibizionista.
...
Guardavo La Pietà di Michelangelo nella Cattedrale di San Pietro, e provavo reale commozione, mentre gli occhi mi si bagnavano davvero davanti a quella scultura che amo da tutta una vita.  Ero lì, con mia moglie accanto, la pelle d'oca, in silenzio ad osservare la Bellezza, ed ancora spintoni perchè c'erano "Selfii" da fare.
Perchè? Tutto questo mi pare che porti ad un inaridimento delle emozioni, o mi sbaglio?

Non sono qui per giudicare nessuno, sono qui solo per raccontare questa esperienza, sicuro che troverò gente disposta a spiegarmi quanto non riesco a comprendere: forse la mia mente è troppo semplice per capire...forse sono troppo antico per capire...ma eppure io di Roma mi porto un bagaglio di emozioni mai provate, un carico di Bellezza che pare essere infinita, senza neanche una foto scattata con il cellulare.

Alla sera, quando stremati rientravamo verso la "residenza", nell'attraversare le strisce pedonali mi accorgevo di una cosa: le facce degli automobilisti si illuminavano di blu o altri colori... Approfittavano della pausa (immaginate poi che pausa) per farci attraversare per scrivere sui propri telefonini, o per consultarli, salvo poi scattare subito dopo il nostro attraversamento. Questo ogni sera, ma immagino che sia cosa diffusa anche nelle ore diurne quando le luci camuffano quanto accade dentro le automobili.
Torno da questo viaggio con il piacere di avere visitato un luogo bellissimo, lontano dallo sdegno delle buche nella strada, piuttosto della sporcizia o di chissà quale altro problema metropolitano.
Torno da questo viaggio con tanta confusione in testa perchè forse vivo proprio fuori da questo tempo, perchè io non riesco a capire che cosa ho che non vada, dove le persone più care a me hanno faccialibri, taggano, cinguettano, si "Selfiiano", condividono all'istante, si piacciono a vicenda...ed io mi sento smarrito in tutto questo perchè continuo a non capire.

Voglio fare una confessione, e lasciarla indelebile su questo mio scritto: mai come adesso mi son sentito Anacronistico.
Non sono triste, ma certamente confuso.
Non sono certo migliore di nessuno, sono Diverso, e continuo a non capire.


Ed intanto le temperature iniziano ad abbassare, le foglie sono quasi tutte cadute, e nell'aria si inizia a respirare appena un pizzico di inverno.
Ma i Sasselli ancora non  si sentono cantare, l'acqua degli animali non vuol saperne di gelare al mattino, e sui monti neanche una mezza nevicatella si è ancora appoggiata.
E' dicembre, e scrivo mentre camino e stufa bruciano legna di leccio e carpino, mentre la gattina gioca con le stringhe dei miei scarponi, e mentre fuori si odono tuoni in lontananza.

Inizia l'inverno, mentre i giovani abbandonano le campagne

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Vorrei provare a dire la mia su un argomento che ho volutamente evitato sino a quest'oggi.
Abbiate pazienza se anche questa volta non metterò foto accattivanti o non parlerò di argomenti simpatici e leggeri.


"Ti rendi conto che non c'è più lavoro in Italia, e che tutti i giovani devono scappare all'estero? Ti rendi conto che te vivi sul tuo poggetto di felicità mentre tutto intorno i giovani sono vittime di un sistema che non li vuol vedere progredire? Ti rendi conto che la tua campagna è oramai finita e che non c'è speranza? Ti rendi conto che l'unica alternativa è fuggire via?"
Capita che un pomeriggio anche il sottoscritto si prenda licenza dal podere, e se ne torni in paese (nella piazza) a fare una passeggiata, e capita che ci siano occasioni per confrontarsi con alcuni coetanei.
Non parlerò del mio Paese d'origine, visto che la sua storia è pari a quelle di tanti paesi italiani dove la chimera del turismo non ha partorito nulla se non buon propositi svaniti poco oltre le bocche dei tanti paesani che l'hanno pronunciati.
E non parlerò neanche dei più alti problemi che questa Nazione ha, e di come si potrebbe e dovrebbe fare per superarli.
Vorrei invece parlare di questo fenomeno: la fuga dai paesi da parte dei giovani.
Fuggire via, a prescindere, lasciando quello che si crede un paese "morto" alla ricerca di una felicità fuori dall'Italia.
"Non c'è più posto per noi giovani...non c'è più lavoro qui!"
Quanta rabbia...quanta tristezza spingono un ventenne ed un trentenne a dire questo.
Mi guardo attorno, e vedo decine e decine di cartelli Vendesi appesi nei portoni, attività commerciali chiuse, e la piazza vuota.
Ricordo che da ragazzo (e non parlo di 400 anni fa!) si andava in Piazza con ogni stagione, ed ogni pretesto era buono per far capannello o fare lo struscio nel corso.
Pioggia, neve, estate, caldo...sempre lì, ogni pomeriggio.
Mentre oggi solo pochi extracomunitari e pensionati sostano all'ombra del palazzo comunale o nei tavolini del bar.
Un immagine che molti di voi conosceranno benissimo, comune appunto alla maggior parte dei Paesi italiani, ma il punto rimane questo: perchè i giovani sono scappati? 
Parliamo dell'agricoltura.
Esco dal paese per tornare al podere, e quello che vedo sono una moltitudine di campi incolti, abbandonati, boschi da tagliare, poderi da ristrutturare.
Ed allora penso: ma perchè non restare per lavorare qui, nella campagna intendo, in questi campi che hanno un padrone ma che non hanno una mano che li lavori?
Perchè fuggire, quando qui ci sarebbe ancora lavoro?
Ci sarebbe il lavoro, perchè lo vedo io come lo possono vedere gli altri: eccolo qui, intorno alla strada che percorro ogni volta.
La dove un tempo saliva alto il grano, s'udivano i campani delle pecore, c'erano orti ed animali, oggi tutto è fermo, lasciato.  Ma la terra è ancora buona, perchè questo accade?
Arrivato a casa ne parlo con mia moglie: lei a differenza mia ha girato il mondo, si è laureata, e sopratutto ha avuto la voglia di "fuggire via dal Paese".
Le chiedo perchè sia tornata, e lei mi risponde con la sua sempre disarmante semplicità: "Per apprezzare un luogo devi allontanartici, lo devi lasciare, per iniziare a cercare la felicità altrove. Sino a che ti renderai conto che quello che vedrai sarà sempre in paragone a quel luogo che hai lasciato, e che un giorno ti sveglierai sentendo che quel luogo te ce l'hai dentro...che quel luogo sei te. E quindi ritorni, ed hai pace perchè ti sei ritrovato."
E' difficile per me citarla, visto che il suo italiano è cento volte meglio del mio, ma son certo che il senso di queste parole lo si sia inteso ugualmente.
Mi guardo attorno, e vedo tanti (troppi) giovani che hanno perso le speranze, e che ristagnano nelle famiglie di appartenenza in attesa di qualcosa che (forse) mai passerà.
I più sicuri invece scappano, il più lontano possibile.
"Cosa hai fatto in Australia in questo anno di permanenza?"Chiedo all'amico ritrovato dopo tanto tempo.
"Che esperienza! Pensa: sono arrivato e subito mi hanno trovato un lavoro. Che meraviglia!"Risponde lui entusiasta ed orgoglioso.
Ma quando chiedo che tipo di lavoro abbia fatto, questo è quanto le mie orecchie hanno capito: "Ho lavorato in una coltivazione di ananas. Coglievamo ananas tutti i giorni, piegati sui campi per molte ore al giorno sotto il sole che ardeva. Poi sono entrato in un azienda che produceva vino, ed ho fatto la vendemmia: giorni e giorni a tirar su cassette d'uva, a scaricarle e ricaricarle, a cogliere e seguire il cantiniere! Che emozione! Poi ho anche lavorato in una stalla: pensa, mungevo le mucche. Che buono quel latte!"
Non riesco a descrivere l'espressione basita che la mia faccia aveva mentre tali parole mi folgoravano sin dentro i nervi ed i tendini.
Mi trattengo dall'arrabbiarmi, e con voce pacata e profonda:"No scusa, fammi capire: te sei andato dall'altra parte del mondo per fare quello che avresti potuto fare qui? No, scusa, ci deve essere un senso che io proprio non riesco a comprendere, perdonami. Qual'è?"
E dall'altra parte parte una filippica sul bisogno di andare...di lasciare...di mollare e mollarsi tutto dietro le spalle...di rinascere altrove.
Certamente questa risposta mi soddisfa (perlomeno in parte), e comprendo meglio il gesto, ma subito chiedo: "E adesso? Adesso sei tornato con un mestiere (anzi...tre) nelle mani, e quindi..."
Lui mi interrompe, e con un sorriso forzato mi dice: "...e adesso mi rilasso. Infin dei conti ho lavorato un anno nei campi, non so se hai presente. Adesso mi rilasso...mi godo le attenzioni di babbo e mamma...gli amici...magari mi farò pure la ragazza, e per un pò staccherò dal lavoro...almeno sino alla prossima estate, poi vedremo."
Eccolo qui: venticinque anni, mantenuto da babbo e mamma, ha provato per un anno il duro lavoro dei campi, e adesso campa di rendita per altri sei mesi.
Una scelta.
Intanto penso a quei campi incolti, ed agli altri amici che sono andati a Londra a fare i camerieri, a Barcellona a lavorare nei callcenter, in Nuova Zelanda a parare le pecore, in Australia a fare la vendemmia...e continuo a pensare a quei campi incolti.
Ognuno ha il suo percorso di vita, le proprie ambizioni, i propri sogni...e guai a far la morale a tutto questo.
Ma ancora una volta io non capisco...
Credo che molti di voi mi troveranno ottuso, ma perchè quei campi non possono più essere lavorati da un giovane del luogo?
Penso alla vendemmia, e a quando è impossibile trovare un giovane del paese che abbia voglia di impegnarsi; penso al tribolamento per convincere altri giovani a venire a cogliere le ulive; penso alla scacchiatura ed alla sfemminellatura delle vigne ed a quanto lavoro ci sarebbe.
Ed ecco che devo chiamare l'amico agricoltore e chiedergli il numero della squadra di vendemmiatori che l'anno precedente lo hanno aiutato: tutti albanesi e rumeni, e solo uno su cinque capisce qualche parola di italiano.
Vengono a fare il sopralluogo, gli faccio vedere la vigna, e gli spiego cosa vorrei fare, ma per farmi intendere ci vuole mezza giornata, e non si tratta solo di un problema di lingua ma anche di "Approccio": loro sono macchine da guerra, abituate a cogliere qualsiasi tipo di grappolo, e non comprendono il senso della "Scelta dell'uva...dei ripassi...dello scattivare il grappolo".
Diventa impossibile collaborare, e quindi desisto.
Ma mi chiedo: chi coglierà l'uva? E le olive? Chi mungerà le pecore e le condurrà al pascolo? Chi arerà la terra? Chi taglierà il bosco? Chi porterà avanti l'Agricoltura nella mia zona?
Il lavoro c'è, eccome...perlomeno qui, perlomeno in Agricoltura. Ci vuole sacrificio, costanza, e passione: non posso pensare che i giovani della zona abbiano perso tali caratteristiche.
Il lavoro c'è, ed è duro, ma prendere dei terreni in comodato d'uso gratuito oggi non è un utopia (anzi), e si abbatterebbero diverse spese nella gestione di un fondo; a detta dei vecchi, non c'è mai stata tanta terra disponibile quanta ce n'è adesso.
E se poi non bastasse, ci sono le aziende agricole, grandi e piccole che siano, che cercano manodopera per i lavori stagionali.
Non sarà molto, ma è una partenza: credo che un giovane che ancora non è sposato e non abbia figli, possa permettersi (considerando che continuerebbe a stare da babbo e mamma) di impiegarsi in lavori del genere.
Poi magari la passione potrebbe spingerlo a fare di più, e magari a prendere in gestione una realtà agricola, magari a consorziarsi con altre piccole realtà, magari a collaborare con altri giovani agricoltori.
Penso a quei campi, e penso all'amica che desidera andare a fare la cameriera nella periferia di Londra.  Penso alla piazza semivuota, ed a quante giovani braccia, cervelli e cuori sono lontano dalle proprie radici.
Forse penso troppo...
...meglio che torni a lavorare.
Lascio a voi gli approfondimenti del caso.




Oggi 21 dicembre è il primo giorno d'inverno, mentre fuori c'è umidità e vento fermo, in casa la stufa ed il camino rallegrano gli animi e riscaldano il corpo.
Tra qualche giorno sarà Natale, e le temperature saranno sopra la media del periodo: ancora si trovano i funghi nel bosco, c'è sempre odore di umidità nell'aria, ed il susino davanti la finestra di camera ha almeno una cinquantina di fiori.
Il freddo arriverà...deve arrivare, ma per adesso l'inverno è iniziato soltanto sul calendario.
Auguro un Buon Inverno a tutti, tanto a quelli che son partiti che a quelli che son rimasti.


Caro Babbo Natale...

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Caro Babbo Natale,
Anche questo Natale è arrivato, e sono al trentacinquesimo...
Seppur siano spuntati i primi peli bianchi nella mia barba, io continuo a vedere questo periodo dell'anno con occhi di bimbo, e torno quindi a scriverti la consueta "letterina" che troverai accanto al camino con mezzo bicchiere di rosso (l'altro mezzo me lo sarò bevuto io...), il mazzetto di carote per le renne, ed una fetta di pane casereccio con la salciccia.
Sarò sfacciato a chiedere, ma penso che la fantasia ed il desiderio possano convivere anche in queste parole che lascio per te, sicuro di non offendere nessuno e di avere voglia di "sorprese...desiderate".
Per prima cosa penso agli abitanti del mio paese, e proprio come ho scritto nel mio Blog, VORREI che i giovani si rinsvavissero un pochino, e provassero a sentirsi temerari, audaci ed alternativi anche rimanendo a lavorare le campagne dei propri nonni (o degli amici dei nonni): con una motosega e qualche tanica di miscela potrebbero far legna per le loro famiglie, ripulire quelli che un tempo furono campi rigogliosi, e darsi tempo e modo di fantasticare su quanto potrebbe essere fatto lavorando tutti i giorni all'aria aperta. Lo vorrei davvero tanto, e questo sarebbe un regalo grande per tutti...e sopratutto per loro.
Poi penso agli agricoltori della mia zona, e VORREI tanto che si svegliassero una mattina senza l'idea di usare a prescindere SCHIFOSERIE CHIMICHE (dalle quali pare che siano diventati dipendenti): vorrei tanto che si disintossicassero le idee, e provassero (almeno una volta) a pensare all'Agricoltura come all'interazione dell'uomo e della Natura, e non come all'assidua (e compulsiva) ricerca del "tanto" a scapito del buono, concependo i campi come i banchi di un laboratorio.
E magari VORREI anche che tornassero a mangiare il pane fatto in casa, le uova e la carne che non sanno di pesce, il vino che sa di uva e non al solo gusto "legno vanigliato e metabisolfito di potassio", ed i pomodori rossi e saporiti e non quelli che hanno la taglia (ed il sapore) del cocomero. Vorrei solo che lo facessero...anche solo una volta, giusto per provare "gli antichi sapori", e dar respiro al loro fegato, stomaco e spirito.
Un'altra cosa che VORREI è che quei motociclisti che la domenica passano sotto casa mia spendessero un pò meno soldi per la benzina ed un pò di più per portare fuori a cena le proprie mogli e fidanzate: le moto sono belle, ma sfrecciare a tre volte tanto il limite consentito dalla legge, per di più terrorizzando i miei animali (che non si abitueranno mai a cotanto frastuono continuo ed incessante) oltre ad essere illegale e pericoloso, magari è anche oneroso. Vorrei solo che considerassero questo aspetto, mi basterebbe.
Poi VORREI tanto che le forze dell'ordine, magari i vigili del paese, giusto per rimpinguare le misere tasche del Comune in agonia, venissero a far quattrini proprio sotto al mio podere...di domenica, proprio con gli amici motociclisti di cui sopra. Credo che sarebbe raggiunto un equilibrio perfetto!
Poi, Caro Babbo Natale, VORREI TANTO che un pochino piovesse dove ce n'è di bisogno...mi basterebbe un pochino, magari dando tregua a noi poveri disgraziati che non sappiamo più come gestire le campagna: si piantarono le viti senza sapere che si doveva puntare sull'allevamento della ranocchia...
Penso anche agli Amici. e per loro vorrei cose semplici.
Alla coppia che se ne vuole andar via dall'Italia, AUGURO che trovi soddisfazione e pace ovunque desideri, che facciano la "Carriera all'Estero" che evidentemente tanto desiderano, che siano felici assieme, e che mangino e bevano sempre cose buone (ma su quest'ultima cosa temo che anche tu potrai fare poco...).
All'Amico Senzacasa, AUGURO una serenità fatta di pareti di muratura e di un tetto sopra la testa, magari lontano dalle tribolazioni e con la possibilità di viver meglio i suoi quasi trent'anni.
All'Amico Enne VORREI che la vita riservasse ancora tante sorprese, e su tutte quella che un giorno "non si senta più uguale a qualcun'altro" , ma unico al mondo...quale per fortuna è sempre stato (anche senza sapere di esserlo).  E gli auguro di trovare la pace nella quotidianità e nelle piccole cose, magari fatte di tanta campagna e amore.

Poi penso alla famiglia, e Caro Babbo Natale VORREI .... vorrei semplicemente rinnovare le richieste che faccio ogni anno, aggiungendo magari che una macchina nuova per babbo e mamma non sarebbe poi male.
E per me e mia moglie?
Desideravo prendere un cane per le capre, ed è arrivato un gatto...
Desideravo un ciuco, e si è rotta la macchina...

Desideravo prendere quel bel rudere nella montagna, e tra un anno scadrà il contratto d'affitto della casa...
Insomma, ho quasi timore a chiedere qualcosa, visti i precedenti.
Ma ci riprovo, stoico e sognatore quale sono: VORREI una sicurezza (anche mezza mi andrebbe bene) per la casa, giusto per non pensare di dover ripartire da zero entro breve tempo.
VORREI  un cane da tenere con le capre, che mi possa fare la guardia per i predatori a quattro zampe (ed anche quelli a due zampe...).
VORREI un ciuco...un somaro...un asino...chiamalo come ti pare, ma te hai capito.
Per il resto...VORREI  che, terminata la lettura di questa letterina, tu passassi dalla camera e tu mi venissi a salutare, proprio come facesti quando ero bimbo: mi ricorderò sempre di quel momento, e da allora ho sempre confidato di riuscire a vederti di nuovo.
Sarà un segreto tra noi, visto che il cane è sordo e mia moglie dorme come un sasso: egoisticamente, questo sarebbe forse il regalo più bello che VORREI ricevere.
Tuo
A.A.


Ed a voi, lettori abituali che non scrivete mai interventi, affezionati che portate sempre i vostri saluti, passanti occasionali, scettici che scuotono la testa, Amici in incognita, affezionati e non...a voi tutti AUGURO che Babbo Natale possa portarvi quello che più desiderate, e che possiate condividerlo con le persone a voi più care.
Buon Natale a tutti dall'Agricoltore Anacronistico

La fine dell'anno 2014, tra lamento e condivisione

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Avevo pensato di fare un post dedicato al "bilancio di fine anno"...
Pensavo quindi di parlare dell'annata agricola, delle spese sostenute, dei ricavi e dei guadagni...
Magari potevo anche parlare delle novità, delle paure, delle difficoltà, della fatica, degli obbiettivi, delle arrabbiature, ancora delle novità, ma...
Se mi avete seguito in questo "strano" 2014 avrete già avuto modo di capire che cosa possa essere stata la Vita Agricola, Anacronistica e non.
Quindi, con una bottiglia colma di buoni propositi, di obbiettivi, di volontà e di forza, mi appresto ad affacciarmi al nuovo anno, augurandomi solo tre cose
La Prima: che la stagione dia tregua, e che possa permettere di lavorare e produrre senza rischiare una polmonite ogni giorno o senza farsi lacerare dall'umidità.
La Seconda: che l'entusiasmo non venga mai meno, e che abbia soddisfazione nei nuovi progetti da intraprendere.
La Terza: che il fisico regga almeno quanto basta per farmi vivere la Vita che ho scelto di fare, senza nulla chiedere in più ed in meno.
Solo questo.
A tutti voi, un doveroso e sentito GRAZIE: in questo 2014 ho ricevuto tanti commenti, ed ho percepito (forse per la prima volta da quando ho iniziato a scrivere questo blog) la vostra partecipazione.
Io non ho faccialibro, non cinguetto, non condivido istantanee, e sinceramente mi sento poco social, ma questo blog è l'occasione che mi ha permesso di raccontarmi senza mettere la faccia, l'indirizzo o la partita iva.
Questo blog è l'occasione per confrontarmi, per "liberarmi" e per rileggermi (cosa che non avevo mai fatto in vita mia), mantenendo la mia serena riservatezza.
Questo blog è diventato anche l'occasione per capirmi un pò di più.
E quindi grazie a tutti voi, alle vostre testimonianze, alle vostre critiche, al vostro affetto, al vostro scetticismo ed al vostro silenzio: in questo anno siete stati dei compagni di viaggio graditi ed interessati, e per questo mi impegno ufficialmente a condividere sempre di più la mia Vita Agricola, le mie Scelte e le mie Idee.
Auguro a tutti una Buona Fine ed un Buon Principio.
A rileggerci il prossimo anno...

Forse un giorno ANCHE il Contadino diventerà una specie protetta

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Avete mai sentito la frase "Il lupo è tornato nei nostri boschi, e adesso è intoccabile"?
A me negli ultimi anni è capitato svariate volte
Provo a darmi una risposta sul perchè questo animale sia divenuto intoccabile, e forse dipende dal fatto che era un animale prossimo all'estinzione, e quindi è voluto preservarlo da questa.

Vivo in una zona del Nostro Paese dove di selvatico ce n'è in abbondanza dove si riproduce senza troppi limiti.
Il Cinghiale, il vero re della macchia, è oramai il vero colonizzatore delle campagne: troppi esemplari nel bosco ne riducono i pascoli naturali, e quindi lo spingono a "forzare" nei campi e nelle vigne.
Qui i cinghiali arrivano nell'aia, e si fanno beffe dei cani nei recinti che gli abbaiano contro...qui i cinghiali ti "ribaltano" un'orto in mezzora, ti distruggono le "buttate" delle viti, ti mangiano le castagne, ti divorano l'uva.
Ma ci siamo abituati, e laddove la convivenza fosse realmente impossibile dobbiamo provvedere con le idonee recinzioni (una semplice rete da pecore non basta...credetemi): lo sappiamo e ci conviviamo.
Un tempo qui il cinghiale era piccolo, e si riproduceva una volta all'anno facendo pochi piccoli: il rinsanguo fatto anni or sono con i cinghiali dell'ex Jugoslavia ha letteralmente reso UN BISOGNO la caccia e gli abbattimenti controllati: animali pesantissimi, spesso aggressivi, che figliano un numero elevato di lattonzoli.
Hanno pensato ad usare delle sterilizzazioni chimiche (con dei medicinali messi nel mangime), hanno pensato di prorogare il periodo di caccia, ne hanno pensate mille, ma...la recinzione (molto cara) ed il piombo sono le uniche vie.
Discorso diverso per i caprioli ed i daini: solo la caccia di selezione (con abbattimenti regolati in numero e sesso) è permessa, e solo pochi cacciatori possono abbattere pochi/pochissimi soggetti.
Ed ecco che il capriolo vive piuttosto sereno nelle campagne oltre che nei boschi.
E quando le gemme delle viti si aprono, cari miei...pregate di avere dei recinti belli alti (quindi...non solo a misura di cinghiale) perchè sennò ne vedrete delle belle.
E quindi, altre spese da sostenere, ed altri compromessi da fare.
Ma vivere in campagna è anche questo, no? E va bene...
Poi un giorno, quando meno te lo aspetti, senti un ululato nel bosco: tu dici "Sarà qualcuno che fa uno scherzo", e non ci pensi troppo.
Passa un mese, ed un pastore denuncia la morte degli agnelli...ma tu pensi che siano stati quei "dannati" cani selvatici (che vivono incontrastati pure loro), e non ci fai caso tanto...è toccato a lui mica a te.
Poi passa un pò di tempo, e vieni a sapere che un puledro è stato trovato morto e sgozzato: una martora non può essere stata ...e quindi saranno ancora quei cani selvatici....ma non vuoi soffermarti troppo a pensare questo.
Poi vai per boschi, e tu sei in grado di riconoscere le fatte (feci) dei cani, ma vedi delle fatte strane, con del pelo...e poi vedi delle impronte di cane, ma diverse...e poi leggi sul giornale l'articolo del secolo che ti dice con toni entusiasti che "sono tornati i lupi".
Bene, no?!
In fin dei conti i lupi facevano parte di questo territorio, ed esisteva un equilibrio tra questi ed i pastori.
Ma oggi il lupo non è più cacciabile, e quindi qualcosa è cambiato: un altro compromesso, altre spese.
Ma vivere in campagna è anche e sopratutto questo, no?!
E quindi tu cosa fai: lo accetti, perche tu AMI la Natura, e sai che ci sono dei compromessi da reggere.
Poi un giorno ti sparisce un animale al pascolo, poi un altro, e poi trovi una carcassa, e ti dicono che "devi recintare tutto".
Ma il problema è che non devi più recintare l'orto sotto casa, o la vigna o i campi...il problema è che neanche puoi pensare alla soluzione del recinto elettrico, no...non puoi.
La soluzione?
Recintare tutti i tuoi campi, ettari ed ettari di pascolo, perchè adesso c'è anche il lupo che ti può far danno.
E succede una magia: all'improvviso non si odono più i campani nei campi, spariscono i pascolo, terminano le attività, e...si lasciano le campagne...anche per questo.
Laddove la burocrazia non era riuscita...
Laddove il mercato non aveva saputo fare...
Laddove lo sgomento non aveva vinto...
Laddove la grandine, le alluvioni, la siccità non aveva terminato...
...è stato il selvatico a vincere.
Ed allora saremo tutti felici, perchè il lupo è tornato nelle nostre campagne, perchè i bellissimi bambi corrono nei prati, perchè i simpatici cinghiali grufolano nelle nostre aie: felici perchè la Natura si è ripresa quanto gli era stato barbaramente strappato dall'Uomo.
Ma, da amante della Natura quale sono, mi chiedo: all'estinzione del contadino chi ci pensa???
Un conto è pensare a tutto questo standosene nei propri appartamenti di città, lontano da queste realtà se non per occasionali documentari in tv o racconti di internet.
Ed un conto è svegliarsi e trovare il tuo lavoro devastato, e sentirti dire che sei stato sciocco a non recintare tutto, e che non ci sono rimborsi (o se ci sono magari sono ridicoli...peggio ancora).
Sapete quanto costa fare questo tipo di recinzioni???
Quanto tempo, fatica, energie, e sopratutto denaro occorrono per farle???
Se almeno questa rete ci venisse regalata, provvederemmo noi contadini a fare i pali e a chiudere i fondi. Se almeno ci fosse dato modo di ammortizzare la spesa. Se almeno ci fossero dei rimborsi dignitosi che tengono conto del mancato incasso.
Se, se...se!

In conclusione, sono convinto che tutto questo stia accadendo (ancora una volta) per la stupidità dell'uomo, e che trovare l'equilibrio spetterà ancora una volta a pochi, ma...quando finalmente il "piccolo contadino" si sarà estinto, allora si cercherà di "riselezionarlo" e destinarlo nuovamente al "ripopolamento" nelle campagne...allora forse il contadino sarà tutelato, e potrà godere di tutti quei benefici di cui non ha mai goduto prima.

Parlare del clima ed avere aspettative

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Parto dal presupposto che parlare di "tempo"...di "stagione"...di clima, sia la REGOLA per chi è Agricoltore.
La pioggia, il vento, il sole, la grandine...tutti fattori che determinano la riuscita o meno del lavoro nei campi, dell'allevamento e delle trasformazioni: tanto per gli hobbysti patiti dell'orto, quanto per i grandi terzisti che lavorano le terre altrui, chi lavora la terra deve necessariamente tenere un occhio rivolto al cielo.
Un tempo i proverbi e le interpretazioni erano alla base di molti successi ed insuccessi, ma la meteorologia ha sconvolto tutto: accendendo la radio, leggendo un giornale, e poi guardando la tv è divenuto possibile Prevedere il tempo.
Oggi con internet tutto è immediato, ed anche il meteo arriva direttamente a casa nei nostri computer, spiegandoci per filo e per segno cosa, come e quando accadrà qualcosa.
I sensazionalismi degli ultimi due anni sono riusciti a far arrabbiare perfino un meteo-amatore come me, arrivando quasi a non prendere più in considerazione quelle previsioni di "quasi glaciazione" o di "siccità del secolo".
Continuo a pensare che tutto questo spesso venga fatto per richiamare attenzione, e far girare quei "contavisite" dei tanti siti che trattano l'argomento.
C'è poi anche l'affannosa ricerca del "sapere prima...tutto", che toglie poesia alla vita e che rende l'imprevisto come il peggior nemico del Mondo.
Ma l'imprevisto è un compagno di Vita, perlomeno di chi lavora in Campagna...perlomeno per chi vi scrive.
Gli acquazzoni improvvisi, il vento che si alza quando non te lo aspetti, giornate di sole quando era prevista pioggia: tutti imprevisti che sono molto rilevanti e che possono cambiare l'esito delle lavorazioni e delle loro progettazioni.
Ma...come tutti, anche io ho le mie Condizioni Meteo Preferite", e voglio condividerle con tutti voi.
Parliamo prima delle stagioni: potrei far sorridere tutti parlando della mia personale classifica, che certamente mi renderebbe ancor più Anacronistico.
E' l'Autunno infatti la stagione che più amo, mentre quella meno preferita è proprio l'estate.
Autunno, Inverno, Primavera ed infine Estate...eccole qui tutt'e quattro, in ordine decrescente secondo il mio "gusto".
Ma senza dubbio non sono un patito del caldo, anzi: tanto la mia pressione perennemente bassa, che la mia "stazza" decisamente "poco magra" mi portano a patire (letteralmente) il caldo.
Il sole estivo è meraviglioso, ma io preferisco godermelo da sotto una pianta che dia frescura, anche se mi tocca espormici ogni santo giorno per i tanti e lunghi periodi estivi.
Il freddo, quello mi piace, ma quel freddo asciutto...secco..."sano" (come si dice dalle mie parti).
Quel freddo che non ti fa sudare, che ti tira la pelle delle guance, che ti fa aver voglia di muoverti: quel freddo che ti sprona.
Se poi il freddo (perfetto anche prossimo allo zero o al di sotto di questo) è condito da una bella giornata di sole con cielo terso, allora quella diventa addirittura una goduria: mi par di ringiovanire e tornare ragazzetto, tanto il guizzo si riappropria delle mie gambe, ed il fare delle mie mani.
Freddo, sole...con un pò di vento, perchè il vento è dinamismo, il vento è ENERGIA, ed anche io mi sento più leggero quando lavoro con il vento.
Alla fine anche la neve non mi dispiace, ma credo che questo sia legato sopratutto a quell'essere perennemente bambino di fronte a determinate cose.
Quindi, se parliamo di freddo, sole e vento, provate ad immaginarvi quanto non sia stato poi così felice negli ultimi due anni.
Quando dopo Natale ha fatto quella settimana di tramontana, mi pareva d'aver vinto alla lotteria: e pensare che si trattava solo di tramontana, di freddo, di sole....in inverno.
Troppa acqua è caduta del cielo, e troppo le mie ossa si sono impregnate d'umidità; il lavoro è sempre stato rallentato dal maltempo, e tutto ne ha risentito negativamente.
Anche lo spirito..il mio spirito, aspettava la ripresa...la aspettava da due anni.
Nei prossimi giorni farà particolarmente freddo, e non mi spaventa il nevischio né tanto meno il vento forte: piuttosto mi spaventerebbe se queste cose non accadessero anche in questo inverno.
Quindi, come sempre dico, bisogna prendere quanto la Natura ci da, ma...sperare in una stagione preferita è una cosa che anche l'Agricoltore Anacronistico fa, un pò come tutte le persone.

Amabile Masochismo

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Questa sera, dopo l'ennesimo acquazzone preso, e dopo l'ennesima giornata di sforzi fisici, confesso di aver ceduto alla "tentazione dell'antinfiammatorio"...

Generalmente la mia sveglia procede in concomitanza con l'alba, ed ecco che quando sorge il sole il sottoscritto si alza ed inizia la sua giornata.
Ogni mattina (salvo casi eccezionali) vedo l'alba, e leggo da subito quella che mi aspetterà: una bella giornata asciutta di sole (cosa assai rara da due anni a questa parte), una giornata ventosa, una giornata fredda, una giornata piovosa.
Quando non c'è babbo ad aiutarmi, faccio gli animali entro un'ora dall'alba, e poi mi dedico ai lavori del giorno: trattore nei campi, vigna,. potatura, fienagione, in cantina, macellazione, e così via.
Raramente mi concedo pause prima dell'ora di pranzo, ed altrettanto raramente questa non arriva prima del tocco (delle ore tredici).
Dopo pranzo il riposino è d'obbligo: più lungo e sonnolento in estate, molto breve in inverno.
Poi ancora il lavoro del mattino, sino ad un ora prima del tramonto, momento in cui torno dagli animali sino a buio.
Ogni giorno, giorno dopo giorno, con la voglia ed il piacere di continuare la mia scelta di vita, ma...sempre con maggior fatica.
Infatti, nonostante l'anagrafe mi dica che devo (dovrei...) essere al massimo, sento la pesantezza del quotidiano, e di tutti quei quotidiani "pesanti" che si accumulano nelle mie ossa, nelle mie discopatie, nelle giunture, nei muscoli e nei nervi.
Un lavoro che stimola e che da piacere nell'animo...
...ma anche un lavoro che logora il fisico, giorno dopo giorno, un poco alla volta.
Le ultime due annate, come dico sempre, sono state complicatissime, e certamente hanno amplificato quei problemi che già mi portavo dietro, rendendoli spesso vincolanti...invalidanti...rendendomi "schiavo" del dover chiedere aiuto.
Non è facile fare questo, non è facile per me chiedere aiuto, tirando nel mio cammino chi ne abbia altri, o piuttosto cercando di "rendere divertente" l'occasione di farmi aiutare.
Dal babbo, sino all'amico occasionale, cerco di sfruttare le due mani, e di cercare di rendere produttiva ogni visita che ricevo al podere.
Credo di essere investito dalla sindrome della nonnina che, ogni volta che vai a trovarla, ti chiede di prenderle quella cosa che è alta nell'armadio, di riporle le coperte pesanti, di sostituirle la lampadina.
Ma io non sono una nonnina, e questo mi fa girare i hoglioni (non lo traduco...credo sia chiaro): schiavo appunto del dover chiedere aiuto per andare avanti.
Questo mi pesa, dal momento in cui non ho un fratello a cui aggrapparmi, e dal momento in cui questa è la vita che io mi sono scelto per me e che non dovrebbe affatto condizionare terze persone.
La mia moglie, convinta ed innamorata, è un vulcano di energie, e non si tira mai indietro nell'aiutarmi, ma spesso non posso chiederle troppo.
Ed ecco che, ogni tanto, devo "doparmi", venendo meno a quella mia regola di non prendere medicine convenzionali: sempre preoccupato dalle eventuali dipendenze, riluttante dall'idea di dare soldi alle case farmaceutiche, convinto di togliermi dei dolori per farmi però male allo stomaco ed al fegato...devo cedere.
 E questa sera ho ceduto, piegato da un mal di testa che mi tiro dietro da una settimana, rintronato da dolori ovunque, orfano di sonno da troppo tempo...ho ceduto.
Ma perchè sto condividendo tutto questo nel blog?
Perchè ho piacere che chi legge, e chi si è fatto un'idea della vita (bucolica) dell'Agricoltore Anacronistico, si renda conto del rovescio della medaglia.
Spesso qui leggo commenti che sottolineano le mie fortune, ed altrettanto spesso leggo del desiderio di emulare il mio quotidiano, ma...
LA TERRA E' BASSA, credetemi, e LA PIOGGIA BAGNA L'ANIMA: ve lo dice un toscanone bello grosso e robusto, giovane e forte, che spesso non riesce a farcela.
E' dura, perchè come scrivo sempre, gli animali non sentono ragioni, non conoscono festivi e "feste rosse", e non fanno distinzioni tra giornate di sole e giornate di pioggia: gli animali vogliono mangiare...sempre...devono essere accuditi...sempre...e bisogna ripulirli...sempre.
Quindi, ogni giorno ci son da maneggiare pesanti presse di fieno, secchi di granaglie e carrette di merda...sempre.
E poi c'è la mungitura, e quella non guarda in faccia a nessuno: non c'è febbre o mal di schiena che vinca, visto che ogni giorno la stalla chiama.
Per non parlare dei lavori nei campi, delle difficoltà per scaldarsi con la legna, per ogni santa cosa.
La stanchezza, gli sforzi fisici, pesi da alzare, schiena che si flette, ginocchia che sopportano...
Amo il mio lavoro...
Amo questa mia vita...
Amo la mia scelta...
...ma tutto questo richiede una crescente dose di fatica e di compromessi.
E' così che una sera ho voglia di ribadirlo, qualora non fosse stato chiaro tutto questo, mosso sempre da quell'Amabile Masochismo che mi spinge nel quotidiano.


Intanto,
l'inverno va avanti, e questo febbraio è trascorso tra giornate di freddo-freddissimo a giornate di tepore primaverile: sole e neve si sono alternati, sempre intervallati dalla pioggia.
I parti delle capre non stanno andando affatto bene, e temo che questa non sarà una buona annata.
Il maiale è stato macellato, e per un paio di mesi mi prenderò una pausa con i suini, salvo poi ripartire in primavera con l'acquisto di uno o due porchetti.
L'orzo seminato stenta a crescere, e la vigna è sempre allagata (ma potata e stralciata).
Ho recuperato un frutteto abbandonato da anni, e nell'orto una montagna di letame aspetta di essere sparsa ed interrata.
Ci son più pettirossi adesso che due mesi fa, ma giù ronzano le prime api.
Il camino è sempre acceso, e la notte spesso siamo sotto zero.
E' inverno...e questo mi piace.

Primavera intorno casa

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Il primo d'Aprile le prime rondini hanno ufficialmente aperto alle giornate più lunghe, ai primi tepori, ed all'esplosione di colori ed odori: è la Primavera.
Il passaggio all'ora solare è stato (come sempre) piuttosto traumatico: la sera si lavora un'ora di più, ma alla mattina ci si sveglia sempre alla stessa maniera...quindi il lavoro è aumentato.
Questo periodo dell'anno è forse tra i più amati dalla gente, e senza dubbio è un momento in cui la Natura offre una vera e propria esplosione di colori e profumi.
Approfittando di un breve momento di relax, mentre rientravo con le capre dal pascolo quotidiano, ho impugnato la macchina fotografica ed ho scattato qualche foto che testimoniasse il "risveglio" della Natura, dopo un inverno "più inverno" di quello del 2014.
Semplicemente, ecco qui alcune delle foto.

Le fave nell'orto sono sopravvissute al gelo, ed adesso regalano una splendida fioritura.


Le gemme dei ciliegi iniziano a prendere colore
L'ortica regala un verde brillante, e presto potrò gustare il risotto fatto con questo erbaggio.

Fiore del susino "scosciamonaco" (coscia di monaca).
L'abbondante fioritura dell'albicocco fa pensare che, dopo almeno due anni, la primavera stia avendo il suo corso "regolare".


  Il "salce" (salice) si sta risvegliando.




Mentre scrivo, sento che la competizione tra i nuovi galli è più accesa che mai: infatti, come spiegato un paio di anni fa, sto per effettuare "la scelta" dei due nuovi galli, che affiancheranno uno dell'anno passato.
Cantano a squarciagola, e le galline hanno il loro del "daffare" con tutti questi maschi aitanti e desiderosi di primeggiare.
Uno dei nuovi galli


La vigna sta ancora dormendo, ma ho effettuato la rottura del cotico invernale con un tiller a molle.
Nell'orto ho provveduto a smuovere e spargere il pacciame invernale (paglia...tanta paglia), ed a breve seminerò le patate e trapianterò le cipolle rosse.
Gli olivi si apprestano ad iniziare la mignolatura, e nei prati l'erba cresce a vista d'occhio.
Purtroppo la semina dell'orzo (effettuata ad inizio gennaio) non è andata affatto bene, e non riesco a capire che cosa abbia sbagliato: il terreno era in "tempera", la lavorazione è stata superficiale, il seme era....forse il seme non era buono? Non riesco a capirlo, ma ne verrò a capo.
Intanto, il camino è sempre acceso, e la sera si cena mai prima delle 20:30.

Racconto di Vita Anacronistica: dal principio al primo giorno di scuola (1° parte)

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Adesso proverò a fare una cosa che sento di doler fare: ho il desiderio di alleggerirmi di tutti questi panni pesi che mi tengo sempre addosso, e di lasciare che stia più comodo e scoperto in mezzo a voi.
Per quanto ami parlare di campagna, il "concedermi nel privato" non è cosa facile per me, e seppur l'anonimato mi offra una certa sicurezza, sento che sono forse poco adatto a lasciarmi andare a certe condivisioni.
Ma voglio provare...voglio provarci, e vedere cosa succede.
Tra di voi ci sono (pochissime) persone che mi conoscono nella realtà, che sanno che suono abbia la mia voce o quanta barba abbia sulla faccia: proprio da una chiacchierata fatta con uno di queste ho capito che potevo iniziare a concedermi di più.
Questo sono io, le mani sono grandi come la bocca, ma il poco ego viene schiacciato dalla riservatezza (e anche dalla timidezza).
Prenderò questa cosa come un esercizio, e poco alla volta vi racconterò di me, senza affondare troppo: son certo che accoglierete queste mie parole con piacere e nel rispetto.



Si nasce in tanti modi, ed io sono nato di venerdì, a mezzogiorno in punto: il prete suonava le campane ed io facevo il primo vagito (anzi, il primo starnuto).  Mamma commerciante, babbo vigile urbano, e ben sette tra nonni e bis nonne ad aspettarmi.
All'epoca i miei non avevano il telefono in casa, e babbo fu raggiunto dalla notizia (data da mio nonno che invece aveva il telefono in casa) mentre stava trapiantando un'ortensia: era proprio destino che venisse a conoscermi con le mani terrose.
La terra mi ha sempre chiamato, e facendo dell'ironia questo era dimostrato anche dai continui capitomboli (da me si chiamano "musate") che facevo: il baricentro è una cosa che ho imparato a capire molto tardi.
Da bimbo tutto è bello...per forza, sopratutto quando sei coccolato da così tante persone.
Ma non me ne approfittavo mai, anzi: se facevo una marachella potete immaginare in quanti mi rimproverassero.
E così, tra tante carezze e qualche sculaccione, mi sono avventurato nel mondo dei bimbi.
L'asilo dalle suore, dove la goduria era quel giardino grandissimo dove ci facevano giocare, e dove c'era il pollaio e l'orto: mi ricordo che ogni pretesto era buono per seguire la suora che andava a cogliere qualcosa o a cavare le uova.
All'epoca avevo difficoltà a pronunciare la lettera "R", e quindi questo rappresentava uno scoglio da superare: un giorno di ritorno dall'asilo, correndo in contro a mamma, le urlai colmo di soddisfazione ed entusiasmo:
"Mamma! Ho compRato un tRRattoRRe gRRRosso e RRRosso!!!"
Ancora oggi questo è un aneddoto che mamma ripropone a tutti noi quando rientro nell'aia con quel trattore "rosso e grosso" che dopo tanti anni son riuscito a comprarmi.
Ero un bimbo calmo, buono, ma che faceva sempre tante domande, e che piuttosto che il pisolino o la preghierina, preferiva ascoltare i racconti o sgattaiolare in cucina mentre veniva preparato il desinare.
La domenica era poi il momento proferito, dove finalmente si mangiava tutti assieme, e dove mi godevo babbo nelle nostre "giratine" con la macchina (ricordo nitidamente l'odore dei sedili della mitica 126 bianca) o nella macchia (ogni stagione era buona per cercare qualcosa).
L'essere curioso e l'avere fantasia mi hanno aiutato tanto, sopratutto nei momenti di solitudine: infatti troppo pochi erano i bimbi con cui giocare, mentre abbondavano gli anziani che mi raccontavano della loro gioventù, dei tempi della miseria, della guerra e dei sacrifici.
Crescere così è per me stato un Dono, un grandissimo Dono, con un'enciclopedia vivente che mi narrava aneddoti e mi passava insegnamenti.
In casa vivevano assieme due mie bisnonne ed i miei nonni materni, ed è con loro che ho trascorso la maggior parte dei miei anni d'infanzia: la casa dei miei genitori era a cinquanta metri, e potevo comunque percepire quel calore familiare anche se spalmato su due abitazioni diverse.
La più anziana di tutte era la madre del mio nonno, mi pare che fosse degli ultimissimi anni dell'800: una donna magra, magrissima, con tre denti in bocca, le mani ossute, ma lo sguardo curioso e la voglia di parlare: con me era paziente, e si lasciava "torturare" con quei miei giochi fatti di automobiline e costruzioni.
C'era poi l'altra mia bis nonna, la madre della mia nonna, che è stata una vera e propria seconda madre per me, e che ho avuto la fortuna di avere accanto ogni giorno della mia vita sino alla tarda adolescenza: lei era così affezionata, ma anche severa ed attenta a tutto quello che facevo.
Non di meno sua figlia, la nonna di cui spesso vi parlo e che oggi continua ad essere "in gamba": la più severa, ma anche quella che più mi ha ascoltato, e verso la quale ho sempre avuto la stima più grande.
E poi c'era nonno, suo marito, bello come il sole, elegante, istruito, sagace...per me un vero signore e modello, un uomo che aveva grandi ali alla mente: lui mi spiegava il senso del viaggiare e l'importanza dell'istruzione, ma su tutto mi parlava dell'Amore.
Tutti m'insegnavano quotidianamente qualcosa, che si trattasse di una poesia o di un piatto cucinato.
La cucina era (ed è) sempre stata fonte d'interesse per me, e l'avere così tante donne in casa che cucinavano è stato certamente divertente, ma anche molto istruttivo.
In rispetto per le materie prime, sapere cosa la stagione ci "regalasse", saper sfruttare una verdura piuttosto che della carne senza esasperarne o alterarne i sapori, e poi...saper "rigirare il mangiare".
Rigirare il mangiare vuole dire questo: cucinare un piatto, e poi saperne sfruttare gli avanzi in un piatto diverso, e poi saperne ancora sfruttare gli avanzi in un'altro piatto ancora.
Ed è così che, in tempo di carciofi, mi mangiavo carciofi tutti i giorni senza mai lamentarmi, ogni volta con un piatto "nuovo" sotto al naso, e via per il periodo dei cavoli, quello dei finocchi, degli spinaci, etc.
Ricordo la mia adorata bis nonna quando faceva il brodo: un pentolone d'acqua fredda appoggiato sulla stufa (o sui fornelli), una bella cipolla....grossa, uno stocco di sedano, due carotine, una patatina, uno spicchietto d'aglio...piccolo mi raccomando, un ciuffetto di prezzemolo, qualche foglia di basilico, del pollo, e l'osso di vaccina (spesso il ginocchio...ma molto dipendeva dal macellaio).  Sale grosso e pazienza, con quel coperchio sgangherato che veniva dalla prima guerra mondiale (un souvenir che un suo fratello si era portato dal fronte...credo).
Ricordo ancora la sua voce, un poco roca, quelle maniche tirate sempre su, e l'immancabile grembiule.
Quel brodo era così buono, e poi me lo truccava con una spolveratina di noce moscata, che "gli dava quel buono in più" diceva.
C'era quindi i lesso da mangiare, ed il giorno dopo il lesso rifatto (magari in umido con i fagiolini o le patate, ed il giorno dopo ancora le polpette degli avanzi...ed io ero sempre contento.
Non sprecare troppa polpa attaccata alla buccia, perchè si sa che loro avevan veramente patito la fame; non attaccare mai il mangiare al tegame, e non avere fretta nelle cotture: ero un bimbo cresciuto con quelle parole, quelle visioni, e quel libro così consunto dell'Artusi.
Giocavo a briscola ogni pomeriggio, facevo la passeggiata con i nonni lungo le strade di campagna, facevo i compiti e crescevo, tra una febbre ed un malanno.
Non sono mai stato molto in salute, e questo ha minato più e più volte il mio cammino, creando attenzione ed apprensione su di me: ma tutti mi volevan bene, e lo sapevo che tutte quelle raccomandazioni (tante...ve lo giuro), venivano date solo per il mio bene.
"Mettiti la sciarpa, e la cuffia", e quindi uscivo con al papalina sino ai primi caldi.
Mi ricordo che a casa di nonna c'erano quattro scaloni sotto al portone, e nella bella stagione "si scendeva giù a veglia" con le altre inquiline del vecchio palazzo: La signora Franca, la signora Bice, Franchina ed il piccolo Gigi, Ada, ed io, la bis nonna e la nonna.
A volte c'era anche mia (bis) zia, ed il chiacchiericcio si alzava, a far da coro agli altri provenienti dai palazzi vicini: c'era chi faceva l'uncinetto, chi fumava, chi parlava e riparlava, e poi c'ero io, unico bimbo, che ascoltavo e giocavo con la pallina (una vecchia e spelacchiata palla da tennis trovata chissà dove e reduce dei giochi del nostro vecchio cane).  Non mi mancava nulla in quei momenti...

Si cresce in tante maniere, e presto arrivò il momento delle scuole elementari: il percorso da fare a piedi era veramente breve, ed in quelle poche centinaia di metri sentivo che mi conquistavo il mio "crescere", fatto di scuola e bimbi.
La Vita volle che , dopo qualche giorno di scuola, mi fosse messo di fianco un bimbo che non conoscevo: biondo, con gli occhietti piccoli, silenzioso: lui era A., veniva dalla campagna e ben presto cambiò la mia vita, per sempre.






Racconto di Vita Anacronistica:la mia prima vera campagna (2° parte)

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Maria, una persona a me Cara che oggi non c'è più, un giorno di tanti anni fa mi disse questa frase:
"Le Amicizie migliori sono sempre quelle dei parenti scelti."
Lei, figlia della disciplina teutonica, Amica solo di pochi, seppe farmi capire il valore di quelle parole, e non fu difficile scegliere di affezionarsi a quel bimbetto dallo sguardo spaurito che mi sedeva accanto durante le ore di scuola.
Lui iniziò raccontandomi di Pulcinella: una vecchia gallina ovaiola, da lui "salvata dalla pentola del brodo", e seguita quotidianamente nel suo girovagare per il Podere.
"Hai mai guardato la vita con gli occhi di un pollo? Fallo una volta, e non tornerai più indietro." Quella vocina così marcatamente toscana e schietta usciva di rado dalla sua bocca, ma ogni volta era per me un tuffo nelle emozioni: volevo e dovevo conoscere Pulcinella, e senza troppo pregare i miei genitori ben presto mi feci portare al Podere di A.
La sua famiglia era composta dal babbo, un omone veramente grosso, che mescolava il broncio al sorriso in ogni sua espressione, con mani grandi come motopale, ed un irrequietezza tipica di chi sa lavorare; la nonna, vecchia forse anche da giovane, con voce stridula, pelle lustra e consumata da una vita "alle pecore", colma di mille insegnamenti da dare; la mamma, una figura a cui mi legai subito, e che tutt'oggi tengo nel cuore tra le persone a me più care, una donna fragile che sapeva dispensare Amore dietro ad ogni suo rimprovero.  Una famiglia semplice, e forse povera per quelli che sarebbero stati i tempi di oggi, che aveva sempre vissuto con la mezzadria, e che non aveva mai studiato un libro pur conoscendo tanto della Vita.
Quella famiglia, la famiglia di A., divenne da subito una mia seconda famiglia...la seconda famiglia della mia seconda vita.
Da bimbo sempre un pò malato, cresciuto tra i nonni, che mai si allontanava dall'andito del portone di casa, e che teneva la sciarpa sino a primavera inoltrata...divenivo bimbo che correva già per i campi, che rincorreva ogni genere di animale, che si arrampicava sulle piante, e che scopriva la vita con quel forte senso di avventura così colmo di divertimento.
In genere alla domenica si andava al Podere, e la dinamica era sempre la seguente: come la macchina dei miei arrivava nell'aia, io mi precipitavo fuori e...sparivo, chissà dietro a quale "lavoro da fare" o "aggeggio da accomodare": i miei sensi si esaltavano ogni volta.
Ricordo perfettamente la prima volta che immersi le mani e le braccia in una balla piena di grano (avete mai provato?): era come scivolare dentro qualcosa che ti chiama ma che ti oppone resistenza, e ti senti le mani fresche e pulite.
E poi l'odore del gasolio del trattore, le mani imbrattate di morchia, il ronzio delle vespe disturbate, l'acqua del pozzo freddissima in agosto, il sapore della terra arsa dal sole, il canto dei campani delle pecore lontane al pascolo, la vista del sangue di un animale macellato, il rumore dell'uovo che si schiude, il calore delle frasche d'ulivo bruciate il venerdì Santo, le mani che impastano la salsiccia, il profumo della fioritura della vite, le urla a richiamare il cane, il sudore salato che ti brucia gli occhi...
Ricordi indelebili, che oggi rivivo ancora con occhi di bimbo.
A. era mio complice in questo mio "scoprirmi alla vita", ma spesso non riusciva a comprendere l'origine di quel bisogno.  Qualcosa di atavico, che c'era sempre stato, e che doveva tornare alla luce...
...e proprio in quei nostri primi incontri partorii quella che sarebbe divenuta la mia scelta di Vita: "Da grande faro il contadino!"
Ricordo nitidamente il giorno in cui lo dissi ai miei genitori: babbo sgranò gli occhi, e con la voce che mal celava del sarcasmo mi chiese "...cos'è che farai te? Ma non volevi fare il vigile urbano? Quello del contadino è un lavoraccio..."
Ero veramente giovane (poco più di sei anni), ed in una classe scolastica dove c'erano futuri medici, avvocati, ballerine, attrici, astronauti, calciatori...c'ero io che volevo fare il contadino.
Sono sempre stato sempre Anacronistico, anche in quell'aula...
A. non mi giudicava, e aspettava il fine settimana per poter condividere un pò della sua vita con me.
Ed un giorno, credo che avrò avuto sette anni o poco più, arrivato al podere, lui mi disse: "dobbiamo correre, sta per nascere!"
Era la prima volta che assistevo ad un parto, e quello sforzo della madre, l'odore del sangue, ed il primo belato mi fecero legare per sempre a quella capra...a tutte le capre: avevo sette anni o poco più ed avevo scelto (oramai per sempre) quello che sarebbe stato il mio animale preferito.
Me lo sono sognato per cento notti almeno, ed ogni volta il cuoricino pareva volermi sortire dal petto, ed ogni volta gli occhi mi si bagnavano: capii presto che la Natura è Vita, anche con quella nascita in quella stalla buia.
Ogni volta accumulavo così tante sensazioni ed emozioni, che poi mi ci voleva tutta la settimana per smaltirne e raccontarle ai mie nonni.
Una domenica A. mi disse che volendo potevo dare loro una mano per la macellazione del maiale.
Sull'argomento potrei scrivere molto, ma mi limiterò a sottolineare l'importanza di quel momento: per più di un anno quell'animale, nato e cresciuto proprio lì, aveva vissuto del cibo che la famiglia di A. aveva coltivato per lui.  Cibo sano, al pari delle verdure dell'orto, che era stato seminato, coltivato, e curato appositamente per lui; era oramai cresciuto e pronto per compiere il suo destino, e la vista della morte...di quella morte, non mi traumatizzò.
Avevo sette anni o poco più ed avevo capito qualcosa di importante sul ciclo della vita.
Non mi tirai indietro, e candido da ogni tipo di cinismo, seguii quel rituale attraverso il quale si doveva onorare ogni cosa di quella bestia, senza sciupar nulla e facendo tutte quelle lavorazioni così difficili: quegli odori, quei sapori...non trovavo altro che serenità in quei gesti, in quel lavorare.
Babbo e mamma mi guardavano, e credo che spesso fossero stupiti da come quel loro figliolo non provasse lo "schifo" o la paura per certe cose, e non mi frenavano mai, ma bensì mi incitavano sempre ad essere curioso e a cercare di capire il più possibile di ogni gesto.
Non posso certo dire di essere cresciuto in campagna, ma uno dei momenti più eccitanti era quando andavo a trovare una mia bisnonna che viveva nel paese, a non troppi metri dalla nostra casa, ma che aveva "un pezzettino di campagna" in cui potevo giocare.
All'epoca era ancora possibile questo, e proprio nel cuore del paese, come per "un'isola che non c'è", cera la sua casetta, isolata, con la vigna ed i frutti davanti all'uscio, un grande orto, la legna segata per la stufa, e le galline.
Lei aveva fatto la cuoca per i poderi, un mestiere oramai scomparso che sino a qualche decennio fa portava un cuoco a girare per le campagne in occasione di feste, ricorrenze, sposalizi.
Nonna aveva le mani grandi, la crocchia nella testa, ed era "dell'otto" (come diceva lei...del 1908): il suo modo di parlare era unico, e tratteneva sempre molto le vocali, spesso anche coniando dei vocaboli tutti suoi.  Stare con lei era sempre un grande divertimento: mangiavo come un uomo grande, assaggiavo il vino (a cui mi aggiungeva la spuma...ma sempre di vino si trattava), mi faceva parlare dei trattori, e poi c'erano i polli...tutti per me, per giocarci senza straziarli.
Ricordo quando una volta, dopo avermi fatto il pollo al mattone (una sua specialità) con le patate fritte rifatte in umido, lei mi chiamò dalla finestra: "Biiiimbooooou, è pronto il polliiciinoooou!"
Che corsa in quei filari che mi parevano così lunghi, e via a lavarmi le mani e a sedermi in quella cucina che odorava sempre di fuliggine e ragù.
Mi vantavo con A. di avere una nonna che viveva "in una specie di campagna", e questo mi autorizzava a sentirmi al suo livello, perlomeno nel mio immaginario.
Ma gli anni trascorrevano felici, e ben presto le scuole elementari terminarono: separarsi da A., come del resto separarsi dall'amata Maestra, fu così doloroso.
Ma per entrambi i casi la separazione durò poco, e se la Maestra continuavo a vederla quasi tutti i giorni (abitava accanto a noi), A. continuai a vederlo con maggior frequenza.
Il periodo delle scuole medie non è stato semplice e piacevole per me, ma la campagna era una costante rappresentata dalla frequentazione con A. e da quell'orto che iniziavo a fare sotto casa.
C'era un mio compagno alle medie, uno di quelli che cresceva alla svelta, che faceva la scuola di calcio, e che aveva la fidanzata..ebbene lui mi diceva sempre che se avessi continuato a fare l'orto mi sarei "escluso dal branco".
Branco? Ma io non volevo stare nel branco, neanche ci pensavo.  Volevo piuttosto coltivare le verdure, andare da A., stare con babbo alla macchia, e...dare spazio alla mia nuova passione: ad 11 anni mi scoprii un fotoamatore, e mi avviai alla camera oscura e alle sperimentazioni.
Ed i soggetti delle mie foto quali erano? Animali...gli animali di A.: le pecore, il maiale, le galline, i conigli, i piccioni, i cani da caccia di suo padre, ognuno un soggetto che immortalavo prima, e fissavo poi in camera oscura.
E quelle foto iniziarono a divenire gli spunti di riflessione sul mio progetto del podere tutto mio: desideravo avere dieci pecore "così"... e mostravo la foto delle pecore, piuttosto che un maiale più scuro di "questo"...e toccava alla foto del maiale immortalato mentre ignaro si godeva la pozza del fango.
Fu in quegli anni che decisi quanto avrei studiato da grande, e che sarei andato all'Istituto Agrario.
Lì avrei conosciuto così tanti nuovi compagni che venivano dalla campagna...ed ero veramente eccitato a quell'idea.

















Racconto di Vita Anacronistica:lo studio e gli approfondimenti apocrifi (3° parte)

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All'ingresso dell'aula sostai per pochi istanti a guardare quei banchi: la scelta del posto...del primo posto a sedere, poteva decidere molto della mia sorte di studente.
Tre file costituite da una coppia di banchi: la fila di destra era davanti alla lavagna, ma troppo lontana dalle finestre che davano sui campi; quella di centro era troppo sotto tiro dei professori; quella di sinistra, magari calda in estate, ma sotto le finestre e accanto ai termosifoni.
Mi accomodai nella fila di sinistra, prima fila, e per compagno di banco avevo un ragazzo dai capelli rossi che avevo conosciuto qualche istante prima entrando nell'atrio della scuola.
Una volta preso posto arrivò il primo professore, e con "Azienda Agraria" iniziai il mio lungo percorso in quell'Istituto.
Ci fu chiesto, uno ad uno, quali fossero le motivazioni di quella scelta, ed un pò tutti risposero che avevano tradizioni agricole, poderi, allevamenti, abitudini da mantenere.
Quando toccò a me ricordo che il batticuore svanì, e dopo aver preso fiato mi alzai e più o meno questo è quello che dissi: "Io qui sono uno di quelli che viene da più lontano, ed alzarmi alle 5:30 non credo che mi peserà troppo, come non mi peserà pranzare tutti i giorni alle 15: a casa non mi aspettano animali, podere, ed una famiglia di contadini, ma...ho tanta passione, da sempre, e non voglio più contrastarla o ignorarla. I miei nonni mi hanno sempre insegnato che è dalla Campagna...dalla Natura che tutto viene, ed io vorrei partecipare a tutto questo, rendermi utile...e poi la Campagna mi garba, tanto.  Credo che l'Agricoltura e la Tradizione possano convivere anche nel futuro."
Strappai un sorriso al professore, e fiero del mio comizio mi sedetti.
Dopo meno di mezzora il medesimo professore ci disse: "Qui imparerete molto sulla Campagna, imparerete ad interpretare tanti di quei segnali che la Natura ci lascia, imparerete ad osservare, a memorizzare, a valutare, ed anche ad agire. Avrete i computer con voi, la tecnologia che si evolve, macchine sempre più all'avanguardia, ma ricordate sempre che..." e questo è il passo che preferisco "...la prima cosa da imparare è l'osservazione delle FASI LUNARI.  Con la Luna si fa tutto, ogni lavorazione, ogni decisione può essere influenzata dalla Luna, perfino i parti dei vostri animali. Dovrete considerare sempre tutto questo, e non lasciare che siano solo i vecchi a parlarne. Vedrete e capirete la differenza, e questo spesso non c'è scritto sui libri...purtroppo."
La Luna...in meno di un'ora in quella scuola che tanto avevo desiderato frequentare si parlava già della Luna, ed ero rassicurato da qui ragionamenti, e sapevo che sarebbe stato un viaggio bellissimo.
Ho avuto la fortuna di avere buoni compagni di viaggio, tutti rigorosamente figli di Agricoltori: c'era il ragazzone che veniva dalle pianure lungo il mare, che coltivava cocomeri e poponi (meloni); c'era quel ragazzo dalla testa riccia e dagli occhietti ravvicinati che veniva dalle colline, e che allevava le Chianine ed era appassionato di fieno; e poi c'era lui, quel ragazzo magro con l'onda nei capelli, che con quella parlata così antica, mi rapiva ogni volta che mi parlava dei suoi nonni, delle sue pecore, dei suoi ciuchi.
Questi tre mi hanno accompagnato nel viaggio, e con loro ho trascorso dei momenti indimenticabili, tanto dentro le mura scolastiche, quanto nelle interminabili telefonate che inevitabilmente ogni giorno ci vedevano occupati.
Credo di essere costato un patrimonio ai miei genitori, ma quelle telefonate erano vitali per lo studio e per la vita: ci si confrontava sulla lezione da fare, ci si scambiavano consigli, ci si preparava all'indomani, e poi c'era la "ricreazione telefonica", ossia quel momento in cui si parlava di tutt'altro.
Durante queste ricreazioni io ho imparato a mungere, tutto rigorosamente spiegato per telefono, ad attaccare una barra falciante al trattore, a dosare bene il caglio liquido per fare il formaggio, a cantare le canzoni tradizionali di altri paesi, a vangare senza troncarmi la schiena, a fare la polenta di castagne.
Un giorno, il ragazzo magro con l'onda nei capelli, mi volle regalare un momento di grande emozione: io avevo la febbre da giorni e non accennavo a stare meglio, e mentre la sua nonna gli reggeva la cornetta del telefono, lui si mise a suonare la fisarmonica, accompagnato dalla voce della sua bisnonna.  Ho la pelle d'oca anche adesso mentre scrivo al ricordo di quel momento, così lontano dalle videochat, ma così "vicino al cuore".
L'amicizia con lui forse era la più importante, ma anche quella più ricca di competizione: da lui nevicava sempre, e quando la neve arrivava anche da me, la sua era sicuramente più alta...nonostante vivesse in un borgo che era più basso del mio di quasi 150 metri (tutt'oggi non riesco a spiegarmi come questo potesse accadere...o semplicemente non accadeva e lo faceva per farmi essere invidioso).
Lo studio procedeva abbastanza bene, anche se non brillavo in tutte le materie: "potrebbe dare di più" dicevano i professori durante il ricevimento dei genitori, e quella media del "sei e mezzo" sembrava non volermi mollare mai.
A me andava bene così, tanto ero indaffarato nei miei "approfondimenti apocrifi" che uscivano dai programmi scolastici:  Masanobu Fukuoka, quell'omino anziano che dal Giappone insegnava come il "non fare" fosse produttivo e rispettoso della Natura; Rudolf Steiner, il filosofo (e non solo) austriaco che parlava del terreno agricolo e delle colture come se si trattassero di un unico sistema vivente; e poi c'era la Filosofia, materia non trattata nei programmi scolastici, c'era lo studio della Meteorologia, materia che ho sempre amato, della Micologia, della Veterinaria (addentrandomi in tanta chimica ed anatomia), e tutte quelle materie non scritte e fatte di "tramando verbale" dei vecchi, e di quello che si stava perdendo per sempre.
Un giorno, durante una lezione di Agronomia del terzo anno, ricordo che feci un intervento che fece arrabbiare il professore: stavamo parlando delle arature, e lui continuava a sostenere che fosse fondamentale "andare il più a fondo possibile" ogni anno, mentre io sostenevo il contrario.  Insisteva, e lo legittimava la sua autorità, e diceva che aratura profonda e frangitura "a fino" delle zolle erano il modo migliore per preparare un letto di semina: io la fresa la odiavo già allora, ed ecco che ne nacque una polemica di circa venti minuti dove mi scoprii tanto convinto e battagliero, e dove riuscii a chetare (zittire) il professore, che stremato mi disse che ragionare con me era come sbattere la testa su un ciocco di castagno.
Se vedesse oggi quel professore cosa faccio con arature leggere e affinamenti grossolani (e mai per effetto di attrezzi come fresa ed erpice rotante), chissà cosa penserebbe.
Quel mio essere "così poco convenzionale" era comunque mitigato dal mio carattere tranquillo e dal mio fare educato: quando ci insegnavano le concimazioni chimiche ed il diserbo, e ce lo hanno insegnato tanto ed anche molto bene, ricordo che io studiavo e seguivo tutto, proprio per rendermi conto di quanto potesse essere fatto in tutt'altra maniera.
La provocazione fu quando durante un'interrogazione potrai come argomento a piacere "la letamazione", proprio con quel professore che per settimane mi aveva parlato dei concimi chimici: avevo fatto una ricerca in biblioteca sui vari letami, e sulle caratteristiche che questi potevano avere sulle differenti colture e differenti terreni, e nell'esposizione prendevo ad esempio un tipo di concime chimico, e lo sostituivo con il letame che secondo me era adatto.  Vedere i compagni che prendevano appunti, mentre io giustificavo i miei ragionamenti con formule chimiche scritte alla lavagna, fu una grande soddisfazione, maggiore sicuramente di quel "settemeno" che il professore volle concedermi.
Ho comunque avuto professori che ho amato, e che sono riusciti a trasmettermi passione e convinzioni, e su tutti la mia professoressa di Italiano: lei veniva dai licei, e quella banda di maschi agricoli credo che rappresentassero una grande sfida personale e professionale.
Ci mise così tanta pazienza, ed all'inizio eravamo una frana, ma poi capimmo ed imparammo: un pò come il professor John Keating ne L'Attimo Fuggente, quando stravolge le regole dell'insegnamento e trasmette coinvolgimento e passione alla sua classe, ebbene anche questa mia professoressa riuscì a "farmi sollevare sul banco" (perlomeno metaforicamente), ed a farmi incuriosire ancora di più.
A lei piaceva come scrivevo, seppur criticasse la mia punteggiatura, dicendomi ogni volta che "scrivevo come parlavo, e parlavo come pensavo...senza troppi filtri".   Le raccontavo di queste mie idee, e talvolta tentavo anche di dare loro una qualche connotazione socio-politica: avevo un'età in cui è obbligatorio essere ribelle, ed anche se armato di penna e libri, non mi sottraevo a tale chiamata.
Ci sono stati periodi, anche lunghi, in cui la salute non mi ha accompagnato tanto fedelmente, ed ho dovuto fare molti sacrifici per portare avanti la mia scelta di studio: ma non potevo rinunciare alla Campagna.
E fu così che babbo, coinvolgendo un suo amico agricoltore, riuscì ad ottenere in gestione del terreno agricolo: un bell'orto (molto grande), una voliera/pollaio, una baracca ed un laghetto, a nostra completa disposizione.  Il dopo scuola era rappresentato da quella fase sperimentale in cui iniziavo...iniziavamo a cimentarci nell'essere "quasi" Agricoltori.



Gli attrezzi si rompono quando si usano: fienagione 2015

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Domenica 31 Maggio
Sono nell'aia sin dalle prime luci del mattino, ed attacco la barra falciante al trattore: ogni volta questo attrezzo mi fa tribolare non poco, ma ci riesco con l'aiuto di un amico che è venuto a darmi una mano.
Sono le 8:00 quando il trattore è di fronte alla baracca/officina, ed inizia la fase di pulitura: compressore e tanta pazienza, per soffiar via lo sporco.
Tocca poi all'untata generale, effettuata con una miscela di gasolio agricolo e fondo di tino di olio d'oliva (rapporto 1:1): con il pennello ripasso tutte le parti "scoperte" come gli ingrassatori, i lamini, gli ingranaggi, gli attacchi.
E poi giunto il momento di ingrassare la macchina, e con l'ausilio della pompa ingrassatrice riempio sino allo spurgo ogni parte provvista di ingrassatore.
Ed ecco la prova: si accende il trattore, si avvia la presa di potenza, e...la barra lavora bene.
Richiudo e vado nel campo: sono le 11:30, ed inizio a sfalciare il prato.
Loietto, ginestrino, trifogli vari e tanta festuca: il fieno atterra, e come pettinato tinge il campo d'argento.
Una pausa di due ore, ed ecco che alle 15:00 sono di nuovo a sfalciare. Sono 27° e non ho neanche un accenno di cabina o tettuccio di protezione. Non c'è vento
Termino il campo del "lato laghetto" (ogni campo ha il suo nome) alle 20:20.
Ci sono gli animali da fare, le capre da mungere, ed una doccia che mi aspetta: si cena alle 22:10.

Lunedì 1 Giugno.
Alle 5:20 ho già munto gli animali, pulito le stalle, dato da mangiare a tutti, ed accendo il trattore per portarlo nel campo "lato strada".
La rugiada mi dice che devo aspettare, e quindi ritorno a piedi al podere e lavoro: lavoro nella baracca/officina continuando a ripulire il ranghino.
Alle 9:00 torno nel campo, e l'erba è oramai asciuttissima: parto e porto avanti 1/3 del lavoro.
Mi suonano dalla strada, mi distraggo per vedere chi era, ed aggancio l'unico paletto di ferro posto nel confine del campo.  la barra falciante rimane appuntata con la puntazza, e si piega.
Provo a vedere se scorre, e funziona, ma non è più dritta, ed il taglio viene male.
Procedo per circa mezzora, imprecando e sudando, ma il lavoro viene male: se lascio l'erba tagliata troppo alta, c'è poi il rischio che la ranghinatura prima e la pressatura dopo diano molti problemi.  L'erba deve essere rasa, e non smezzata, altrimenti tratterrà il fieno tagliato.
So spiro nuovamente, e decido di farmi aiutare dall'amico di sempre: arriva, e per due ore siamo nell'aia a cercare di riportare la barra alla sua originale posizione.
Ci riusciamo, solo in parte, ma mi accontento e torno nuovamente nel campo: sono le 15:00 e il termometro segna 29°.
Adesso la lama taglia in modo soddisfacente, ma la puntazza si appunta, e carica terra: mi fermo nuovamente, e cerco di trovare una soluzione nel più breve tempo possibile.
Sono le 19:00 quando corro in paese a cercare una puntazza nuova: ne trovo una, non è la sua originale ma spero di poterla adattare.
Torno al podere, mi armo di pazienza e saldatrice, e provo...invano. Il pezzo non combacia.
Desisto: sono le 21:10 e devo ancora fare gli animali.
Ceno alle 22:40.
La notte non dormo.

Martedì 2 Giugno
Non onoro la festa, ed alle 4:40 sono nell'aia: approfitto della frescura per trovare una qualche soluzione, e ci riesco saldando una sorta di slitta nel vertice della puntazza, in modo che questa non si appunti sul terreno.
Sono nel campo alle 7:00, l'erba è asciuttissima, e riesco a terminare il lavoro per le ore 13:20.
Sono 30°, e la pelle delle braccia mi odora di estate e morchia.
Devo riposare, e crollo sul divano, quando...suona il telefono: sobbalzo, impreco nuovamente, rispondo.  E' il mio amico che ha un problema con la mia falciatrice che gli avevo prestato per sfalciare i suoi campi.
Corro con la macchina ad 8 kilometri da casa mia, è saltato un lamino della barra.
Dove lo trovo un lamino alle 15:00 del due di giugno?
Si fa un giro di telefonate, ed in un borgo a 10 kilometri si trova quanto cerchiamo.
Parto, mentre per la strafa i serpenti mi attraversano.
Prendo il lamino, prendo i ribattini per fissarlo, bevo mezzo bicchiere di vino per cortesia, riparto.
Alle 17:50 siamo pronti per ripartire...proviamo la barra e funziona.
Saluto l'amico e corro nella vigna: devo trattare.
La tisana di ortica è pronta, come il decotto di equiseto, e poi poltiglia bordolese e poco zolfo.
Riempio la botte da 8q.li, e parto.
Dopo 10 minuti sento un botto, mi giro: è saltato un ugello della botte.  lo cerco, non lo trovo: poco male, e compenso con gli altri ugelli.
Riparto, e dopo 10 viti di numero vedo del fumo uscire dal cofano del trattore.
Stacco tutto, sembro matto e corro ad alzare il cofano: una fumata bianca.
Penso mille cose, ma tutte e mille mi riportano ad un unica soluzione: ho bruciato la testata.
Non è possibile, il termometro dell'acqua segnava la giusta temperatura...si dirada il vapore (perchè di vapore di trattava) e vedo il danno: un tubicino di gomma oramai logoro e crepato, aveva ceduto.
Provo ad aggiustarlo, ci riesco quanto basta per tornare nell'aia.
Sono le 20:40, e devo fare gli animali, mungere e riprendere la via di casa.

Mercoledì 3 Giugno
Mi svegli ad un'ora civile, e mi lascio aiutare da babbo per fare gli animali.
Corro dal meccanico, che apre l'officina trovandomi di fronte alla saracinesca, lo porto nell'aia, si cambia il tubicino e riparto.
Termino di trattare la vigna alle 12:00
Lavo la botte, la stacco, attacco il ranghino e mi fermo per il pranzo.
Alle 14:00, mi dirigo verso il campo "lato laghetto"ed inizio ad andanare il fieno.
Consapevole del fatto che era ancora troppo caldo per smuovere quel fieno, non posso permettermi altre pause, e vado avanti.
Ore 15:30, un rumore secco, e si spezza la sede di uno dei bracci che pettinano il fieno per andanarlo.
Non so come fare, ma faccio una corsa a casa: prendo 5-6 attrezzi, qualche dado e bullone, e torno nel campo.
Rattoppo il problema, togliendo quel braccio, e decidendo di lavorare zoppo (non in modo ottimale).
Mi raggiunge un altro amico che sale sul trattore e mi racconta le sue vicissitudini.
Rientriamo al podere alle 21:30.
Si mangia una minestra d'orzo ed ortica, e qualche ammazzafegato rifatto in padella.
Alle 00:30 mi faccio la doccia, e prendo la via del letto.

Giovedì 4 Giugno
Non ho chiuso occhio.
Son fiducioso, e sposto il ranghino nel campo lato strada, e parto a lavorare che albeggia.
Le rondini mi sfiorano il cappello di paglia, ancora le macchine non mangiano l'asfalto, e mi godo il profumo del mattino.
Alle 10;30, quando sono a metà dell'opera, si rompe un'altro braccio pettine...e mi accorgo che l'ingranaggio generale scatta rumorosamente.
Torno al podere, e sino alle 13:30 lavoro di mola e saldatrice.
Sono 30°C, ed il sudore brucia come acido negli occhi. Ho il viso e la barba che odorano di limatura di ferro e di elettrodo di saldatura.
Mangio poco a pranzo, crollo di sonno, ma dopo un'ora devo ripartire: a fatica inforco la porta di casa, e traballante arrivo al trattore.
Torno nel campo lato strada, rimonto il ranghino, lo provo...non funziona.
Scendo dal trattore, ed incurante dei tanti ciclisti che passavano lì vicino, inizio a dar di matto, dando due calcioni a quell'attrezzo oramai inutile: si è rotto il sistema di ingranaggi che fa ruotare i bracci pettine.
Mi siedo a terra, e poi mi stendo: guardo le nuvole e mi addormento per dieci minuti.
Mi rialzo con un salto, il cuore viaggia a mille, ed ho un'idea.
Chiamo l'amico del borgo a 10 kilometri dove due giorni avanti ero andato a prendere il lamino per la barra falciante, e gli chiedo se mi può prestare il suo ranghino.
Acconsente, e prendo appuntamento per l'indomani mattina all'alba.
Non devo perdere tempo, e torno al podere: sono le 15:30 quando stacco il ranghino, attacco la macchina per pressare il fieno (la pressa), ed inizio con il campo lato laghetto.
Lavoro senza pause, ed alle 21 spengo il trattore, lasciandolo nel campo: 167 presse fatte, ed un campo terminato.
Rientro a casa, animali, mungitura, una doccia fresca, la cena, ed il letto.
Non dormo neanche mezzora.

Venerdì 5 Giugno
La sveglia...quella maledetta...suona alle 4:00
Mi lavo la faccia con l'acqua fredda, poi me la rilavo e me la rilavo nuovamente: ho gli occhi appiccicati e sbadiglio ogni dieci secondi.
Forse sono sveglio quanto basta, mungo le capre, e parto con la macchina.
Arrivo al borgo, ma c'è da andare a recuperare il ranghino da un'amico del mio amico...e si perde un'ora e mezzo.
Alle 6 in punto l'amara constatazione: il ranghino non entra nel cassone della macchina (pick up).
L'amico si offre di portarmelo a metà strada con il suo trattore, a me spetta il resto.
Alle 9:30 posso iniziare a ranghinare, e mi dedico a quei 2/3 del campo lato strada ancora da fare.
Mi raggiunge un amico, quello a cui avevo prestato la barra falciante, e si offre di aiutarmi con il suo trattore.
Accetto di buon grado, consapevole che la sciatica e la stanchezza mi avrebbero rallentato non poco.
Stacchiamo il ranghino dal mio e lo ri attacchiamo al suo. Mi sposto sul mio trattore, attacco la pressa, ed inizio a pressare quanto era stato fatto il giorno avanti.
E' caldo, ed alle 11:30 il termometro segna 33°.
Provo a cantare mentre lavoro, ma ho fatica anche in quello, quindi taccio, dondolato da quel ritmo tanto noioso quanto importante dato dal pressare.
Alle ore 13:50 l'ultima pressa è fatta, anche nella parte ranghinata dall'amico.
246 presse fatte in questo lato.
Torno a casa che sono le 14:20, pranzo con un'insalata fresca, e mi addormento alla televisione.
Alle 15:30 arrivano i rinforzi: l'amico di prima ed un altro ragazzo che iniziano a tirare su le presse.
Stacco la pressa, attacco la bodola  (la cesta posteriore usata per manovrare la legna ed il fieno).
Io guido, gli altri caricano, tutti assieme scarichiamo le presse nella prima barcaia (stiva del fieno pressato).
Vediamo almeno 5 serpenti, la pelle brucia per il caldo, sudo il doppio di quanto riesca a bere.
Arriva la sera, ed alle 21 abbiamo terminato.
Animali, mungitura, doccia, cena...e questa volta mi addormento alle 23:00...e dormo.

Sabato 6 Giugno
Avevo detto che ci saremmo visti alle 6, ma alle 5:30 c'erano già i due amici nell'aia.
Mi sbrigo a mungere e delego a babbo il resto dei lavori mattutini.
Si parte con il trattore per il fresco, alla volta del campo lato strada.
Assieme iniziamo una seconda barcaia, molto comoda perchè vicino alla stalla, ma molto scomoda perchè per raggiungerla devo passare dalla vigna e perdere molto tempo.
Alle 12:15 l'ultima pressa è stata messa al suo posto, e le barcaie richiuse dal telone.
Un totale di 413 presse, per una media di 30kg ciascuna: quasi 124 quintali di fieno.


...questa è stata la mia fienagione, la fienagione del 2015, fatta su prati oramai vecchi di 11 anni, e con attrezzatura agricola oramai vecchissima.
Il ranghino è da buttare, la barra falciante da accomodare, ed io sono veramente..VERAMENTE stanco.

Ma il profumo del fieno all'indomani del taglio, le mille lucciole che mi hanno accompagnato nelle ore di buio, le api che rientravano al tramonto incuranti del mio "far chiasso", le rondini che garrivano sopra la mia testa nelle ore più calde, e quella luna piana che pareva voler far giorno per farmi rientrare a casa...
...tutte queste cose, sommate alla soddisfazione dell'aver terminato il lavoro di un anno, mi ripagano buona parte della stanchezza.
Al mio amico, durante il ritorno dalla ranghinatura del campo del laghetto, dopo aver spento il trattore nel mezzo del campo, ho detto questo:
"La Natura mette il Bello dappertutto, e noi abbiamo la fortuna di vivere immersi nel Bello.  Noi siamo le persone che più vivono del Bello."
Lui, che è schiacciato dalle mille angherie che la Vita continua a porgli, ma che è Agricoltore come me, mi ha messo il braccio sulla spalla e con un sospiro mi ha dato ragione.
C'era un silenzio...



Ancora pioggia

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E' proprio quando il sonno si fa(rebbe) più pesante e profondo che, mi sveglio un istante prima del suono della vecchia sveglia a molla, e la stacco.
Mi giro, cerco mia moglie nella stanza ancora buia, e sento il primo dei galli che scandisce il canto.
Mi alzo, e senza accendere la luce, mi sposto verso il bagno dove apro la finestra respirando a fondo, ma...l'aria è umida, ancora.
Il giorno tarda a farsi luce, e le nuvole coprono l'orizzonte.
Il primo pensiero...inevitabile...va alla vigna, e a quel tempo "da peronospora" che anche in questo giugno 2015 non se ne vuole andare.
Mi vesto, mentre il cane ancora ronfa beato, e la gatta si arruffiana per ricevere il pasto mattutino.
Nella cucina l'odore di "stufa spenta" prevale su tutti gli altri, facendo quasi svanire quello di cipresso del tavolone di sala, o quello di cucinato della sera prima, o di lavanda e rosmarino.
Apro le finestre, tutte, e scruto il cielo alla ricerca di una qualche speranza, ma...anche oggi pioverà.
...
Questo l'inizio delle ultime giornate, mentre i giorni passano, e gli interventi in vigna si fanno ripetuti come la passata stagione.
Ogni giorno poi, tra le 12 e le 14, arriva il temporale.. con la botta d'acqua che pare voler sfondare il tetto della stalla.
Ogni giorno la medesima dinamica: risveglio nell'umidità, cielo plumbeo. all'ora di pranzo un bell'acquazzone, nel pomeriggio arriva il sole ed il terreno "ribolle".
Le rondini volano basse, le ossa mi dolgono, ed il fango si accumula sotto gli scarponi.
I racconti di grandinate disturbano il nostro desinare, e cerchiamo di essere ottimisti, nella speranza che almeno la grandine scarichi laddove farebbe  meno danno.
I pomodori nell'orto crescono, e le patate iniziano a fiorire.
Le capre reclamano il pascolo, ed io un pò di sole.

Racconto di Vita Anacronistica:la mia campagna ed un'età complicata (4° parte)

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A sedici anni sono tante le idee che passano per la testa, e per me era già tempo di bilanci.
Pensavo spesso alla mia infanzia fatta di affetto ed attenzioni, immersa in tutti quei nonni e fatta di giratine e lunghe chiacchierate.
Pensavo e ricordavo quando desideravo essere un Vigile Urbano (prima) ed un Pompiere (dopo), e quando soffrivo all'idea che babbo e mamma mai avrebbero accettato un cane nella loro casa.
Pensavo e sorridevo "dall'alto" dei miei sedici anni, con un motorino da enduro di seconda mano che tanto mi faceva sembrare "più grande", mentre c'erano Amici che se ne andavano ed Amici che arrivavano.
A sedici anni conobbi l'Amore, quello fatto di struggimento e batticuore, quello che ti fa sognare e soffrire, ed entrai ufficialmente nel "frullatore della vita", accostandomici lentamente, sempre un passo indietro alla massa, sempre con un occhio a ciò che era considerato diverso o troppo lontano nel tempo.
A sedici anni ero uno studente, uno studente da seiemezzo, che continuava a stare ostinato nei suoi sogni, e che leggeva...anzi, divorava libri su libri: tutto m'interessava, e passavo dai grandi classici della narrativa italiana alla fantascienza, dai libri di politica a quelli di astronomia, dalle novelle dell'ottocento, agli autori internazionali contemporanei.
Carlo Cassola, Charles Dickens, Isaac Asimov, Pablo Neruda, Ernest Hemingway, Dante Alighieri, George Orwell, Renato Fucini (Neri Tanfucio), Arthur C. Clarke...questi forse i miei preferiti di allora (e molti lo sono tutt'oggi).
Leggevo, ed avevo bisogno di farlo, per ritrovarmi in quella dimensione che inevitabilmente rischiava di mancarmi in quel momento: avere sedici anni non era cosa facile per un ragazzo che amava le stelle e l'Agricoltura, che non aveva la ragazza e che si appassionava ad ascoltare la musica lirica, che si addentrava nelle proprie rivoluzioni, e che si ostinava a costruire il suo futuro.
Mattone dopo mattone, erigevo le fondamenta del mio essere Uomo, e sorridevo ai piaceri della Vita, senza però distrarmi troppo, sempre mantenendo una certa rigidità che mi manteneva solido nella mia posizione.
Ma la gioia più grande era rappresentata dai momenti in cui potevo stare in Campagna, e sentirmi "più vicino all'essere Uomo".
L'emozione di quella nuova esperienza racchiudeva tutta quella spontanea/soppressa voglia di "provare in Agricoltura": provare, e per la prima volta farlo con qualcosa di mio.
Cinque erano i kilometri che ci separavano da quel pezzo di terra dove le sperimentazioni erano finalmente possibili, dove potevo cimentarmi nell'opera che maggiormente sarebbe stata complicata per me: volevo coinvolgere babbo.
Sapevo che mia madre mi avrebbe seguito, nonostante gli impegni di lavoro, nonostante la sua scarsa preparazione, sapevo che per lei sarebbe bastato anche soltanto "un etto" del mio entusiasmo per essere coinvolta.
Sapevo che avevo anche i nonni dalla mia parte, e che avrei avuto un valido aiuto (magari anche pratico) nella gestione di questo impegno.
Ma sapevo che babbo sarebbe stato l'osso duro, e che coinvolgerlo prevedeva un piano ben preciso: invogliarlo, prendendola alla larga, senza mai forzare la mano.
Il fato volle che in quella terra ci fosse un laghetto, un laghetto che ai tempi frequentavamo come pescatori: silenzioso, lontano dalla gente, di cui ne conoscevamo il proprietario, e tutto ci faceva sentire "padroni" di quell'angolo verde.
Pescavamo, e mentre i fagiani cantavano, io guardavo quelle interminabili file di ulivi, quei vecchi prati da riseminare, e sentivo l'acqua (tanta acqua!) scrosciare.  Una baracca di lamiera vuota, una grande voliera in disuso, ed una lunga striscia di terra che costeggiava il ruscello: tutto doveva apparire come "solo di contorno" al laghetto che adoravamo frequentare.
Non ho mai capito quanto fui realmente diabolicamente astuto nel farlo cedere, o quanto babbo seppe innamorarsi dell'idea di fare campagna, ma dal laghetto alla voliera il passo fu più breve del previsto.
Ricordo le sue parole: "Pochi animali. Poco impegno. E ci pensi te!"
In quel fare autoritario c'era tutta la voglia di condividere qualcosa con figliolo, e da lì a breve arrivarono i primi animali...e di lì a poco condividemmo uno dei momenti più belli della Mia Vita.
Andai in campagna, dall'amico A., e sua madre mi affidò i primi tre polli: una coppia di "Livornesi nani" (semplicemente dei meticci non ben definiti...) ed una femmina di Collo Nudo Italico.
Fiero della conquista, ricordo che lasciai i tre polli liberi nella voliera, e che subito feci capire ai miei quanto quella voliera fosse Troppo" grande per quei tre polli".
Trascorsero due mesi, il giusto tempo per metabolizzare la cosa, e capire che "visto che si doveva andare alla terra per tre polli...potevamo anche tenerne qualche altro!".
Arrivarono le prime quattro galline ovaiole, e dopo poco le gallinelle (faraone).
I miei sabati pomeriggio erano divenuti improvvisamente così brillanti, e quell'odore di pollaio mi faceva sentire più vicino a quello che volevo diventare.
A scuola parlavo con i miei amici di tutto questo, e tutti avevano consigli da darmi su come gestire quelle bestiole, e cosa dare da mangiare loro.
Ed ecco che il compagno di classe, quello con l'onda nei capelli, mi volle fare un regalo: una coppia di anatroccoli appena nati, che direttamente dalla sua "montagna- non montagna", mi portò in una scatola da scarpe accuratamente forata.
Uscii da scuola un'ora prima quel giorno, e seduto in un angolo fuori dalle Poste, mi godevo quella calda giornata con la scatola sulle ginocchia, e guardavo quegli anatroccoli giocherellare tra le mie mani.  Sul pullman, durante il viaggio di ritorno, contavo i minuti che mi separavano dall'incontro con i miei genitori, ed ero ansioso di portare questi due nuovi piccoli animali nella mia "Fattoria".
Non ricordo bene come andò, ma ricordo che Nanù, questo il nome del maschio, si fece largo nei nostri cuori e che tutt'oggi viene nominato da mia madre con gli occhi lustri d'emozione.
Arrivarono poi i conigli, le colombelle, altre galline, ed il lavoro aumentò notevolmente.
Era babbo che se ne sobbarcava il peso, in un momento in cui lo studio mi stava assorbendo sin troppo.
Continuavo a leggere, frequentavo nuovi amici, e facevo le mie interminabili giratine (questa volta con il motorino) per poderi abbandonati ad immaginare ristrutturazioni e riorganizzazioni.
Continuavo anche a frequentare il podere di A. anche quando lui decise di lasciare la scuola ed andare a lavoro fuori: la sua mamma non stava bene in salute, e le pecore da mungere erano sempre tante, e fu così che mi chiese un aiuto, e che per un periodo cavalcavo il mio motorino ogni qualvolta potevo per andare ad aiutarla.
Lei mi regalava sempre un bottiglione di latte, ed al mio ritorno a casa mi dilettavo a fare il rovaggiolo o qualche piccola forma di cacio.
L'odore del latte nelle mani tutt'oggi è uno tra i profumi che preferisco.
La mia adolescenza non è stata certo uno dei momenti migliori, e sopratutto il periodo che va dai sedici ai diciotto anni era fatto di rinunce, delusioni, battute d'arresto.   Ma l'entusiasmo non mi mancava, e seppur spesso mi sentissi solo nelle mie convinzioni, andavo avanti con ottimismo: era facile avere amici parlando di motocross ed auto da corsa, discoteca e vestiti alla moda...mentre meno facile (ed era il mio caso) lo era parlando di trattori ed orto, mungitura e poderi.
Rimanevano sempre i tre amici della scuola: il ragazzone delle pianure, quello con gli occhietti ravvicinati, e quello con l'onda nei capelli.
Per loro era comunque facile essere in quel modo, visto che erano figli e nipoti di agricoltori, e che vivevano in paesi/comunità che si basavano sull'agricoltura; io rimanevo il primo della razza mia ad aver fatto quella scelta, e questo spesso faceva apparire tutto più difficile.
Al mio paese cercavo di adeguarmi, per sopravvivere in quella jungla spietata fatta di adolescenti che volevano fuggire dalla campagna fatta di miseria e sporcizia.
Poi un giorno mi svegliai, ed il calendario mi ricordò che avevo 18 anni: finalmente maggiorenne, ricordo il senso di libertà che provai nel fare il mio primo giro in motorino senza casco, con una qualche sigaretta nascosta chissà dove, e quel girare di primo mattina lungo le strade della campagna attorno al paese.
Pranzammo da mia Zia, e per l'occasione mi misi a far "discorsi da grande" al tavolino, facendo sorridere i miei perenti: per lo Stato ero grande, e per regalo ricevetti una motozzappa.
"Cosa vorresti per i tuoi diciotto anni?"
Ricordo mio nonno, che sorridente mi chiedeva questo mentre passeggiavamo sotto i pini del parco di fronte a casa sua "...vorresti una moto più grande....oppure una macchina?"
Erano altri tempi, di quelli in cui si usava regalare la macchina (usata) al nipote, ma io non ebbi alcun dubbio sulla mia risposta, e di lì a poco mi scelsi una bellissima motozzappa nuova fiammante.
Quando oggi racconto questo faccio sorridere chi mi ascolta, ma io VERAMENTE LA DESIDERAVO più di una Uno, una Fiesta, o una 205.
Quando il furgone scaricò il bolide alla terra, ricordo nitidamente quanto il cuore mi battesse forte per l'euforia, e subito lanciai un'occhiata a babbo dicendo "Ora si fa sul serio!".
Quell'estate è stata eccezionale, fatta di tantissima campagna, nuovi amici (tra cui Enne), le ragazze, tanta musica, e quel sentirsi grande.
Presi la patente in meno di due mesi, mentre mi allenavo con 'auto di babbo tra gli olivi della terra che avevamo in gestione.
Facevo l'orto, e che orto: io mettevo idee, progettazione, forza lavoro e l'uso della motozzappa; babbo metteva la costanza, il quotidiano, l'estetica e le rifiniture.
La mattina spesso mi svegliavo presto, e andavo con babbo a cogliere la verdura, poi mi trattenevo con gli animali (avevamo tantissimi conigli), e poi era ora di rincasare, di sciacquarsi, e di andare con gli amici a zonzo...e la sera potevo finalmente fare tardi, andare alle feste, andare a ballare, e vivere quell'estate come mai prima ero riuscito a fare.
A settembre iniziai l'ultimo anno, quello del diploma, e la consapevolezza di essere ad un passo dal primo grande traguardo che mi ero prefissato mi dava adrenalina e consapevolezza.
Avevo finalmente amici che mi "accettavano" (e sopratutto mi volevan bene) per quello che ero, senza maschere scomode da sostenere, e che mi ascoltavano nei miei interminabili racconti,  Avevo la maturità a pochi mesi di fronte a me.  Avevo così tanti progetti...e vedevo avvicinarsi il mio Sogno: Vivere di Agricoltura.
Ma la Vita talvolta ti porta a fare strani giri...


Luglio 2015: tra caldo e piacere.

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Svegliarsi prima dell'alba non è mai stato tanto piacevole.
Ricordo l'estate 2011, con quel Luglio freddo e quell'Agosto-Settembre così caldo...
Ricordo l'Agosto 2009...
...ma per ritrovare tanto calore devo rimandare la mia memoria alla famosa estate del 2003.
Ebbene, seguendo la regola per cui "il contadino non è mai contento delle stagioni che vengono", sarò sincero con voi e me stesso, e qui lascerò un commento Anacronistico su questa estate.
Bene!
Ci voleva il caldo!
Credo che quanto dico abbia maggior valore, visto che io notoriamente non ho un bel rapporto con le alte temperature, e che le giornate INFINITE stiano pesando il doppio con questo stellone che pigia sul capo.
Non cade una goccia d'acqua (degna di tale nome) dal giorno 19 giugno, ed in questi 38 giorni al Podere si son toccati i 38°C, con delle minime anche di 22°C.
Temperature Record (va tanto di moda usare questa parola...) visti i 500m sul livello del mare, la vicinanza alle montagne, e la discreta ventilazione che caratterizza il luogo in cui vivo.
Eppure...bene così.
Per chi era riuscito a seminare c'è stata una bella trebbiatura, ed i grani son tornati abbondanti nei magazzini e nelle stive dei poderi.
La fienagione della Medica ha offerto un secondo taglio abbondante, e per chi è in valle si sta preparando un ottimo terzo taglio.
Le Api hanno lavorato come matte, la frutta c'è, e l'orto pare gradire questa calura (purchè venga annaffiato con regolarità ed abbondanza): zucchino fiorentino, pomodoro pisanello, pomodoro costoluto di firenze, melanzane fiorentine, friggitelli, zucche turbante, zucche marina di chioggia, radicchio barba di frate, peperoni, peperoncini da far ripieni, porri, sedano e basilico...tanto basilico.
L'orto profuma l'aria, ed alla sera è un piacere trascorrervi quella mezz'ora per il raccolto quotidiano.
Le terre arate vengono arse dal sole come non accadeva da anni, e neanche mezza zanzare viene ad uggiare (dare fastidio) sin quassù.
Ho iniziato la fase di asciutta delle capre visto che le mungo dal primo di marzo e che il becco pare aver voglia di beccheggiare (iniziare a coprirle): hanno un bel pelo lustro, e sono sin troppo grasse.
Le Livorno hanno iniziato a calare con la produzione delle uova, e finalmente potranno dedicarsi al riposo ed alla muta (oramai prossima): producono da gennaio come non mai prima di quest'anno.
Le olive pendono dalle frasche, e seppur l'allegagione sia stata penalizzata dalle grandinate e dal forte vento di fine maggio, lasciano comunque promettere un raccolto "nella norma" (facendo i dovuti scongiuri).
I castagni, oramai in preda all'assalto del cinipide, quest'anno promettono qualche frutto.
La vigna è bella, reduce dall'inesorabile peronospora bastarda che in giugno ha comunque voluto lasciare il segno, e da un paio di attacchi di oidio (inevitabile nelle caldissime giornate di tramontana).
Insomma, queste mie parole hanno un sapore dolce, perchè ho trascorso gli ultimi due anni ad imprecare e veder marcire la roba, e tanto necessitavo di un netto segno di Vita Estiva.

Oltre al caldo l'estate ha portato anche la stanchezza (sorella siamese dell'entusiasmo), e questa mi ha provocato non pochi acciacchi: a trentasei anni continuo a chiedere al mio corpo molto di più di quanto dovrei, e con regolarità questo mi presenta il conto da pagare.
Ma non mi scoraggio, e lascio da parte l'orgoglio per dare spazio all'intelligenza, e mi lascio aiutare.
Domani caveremo le patate, gli agli e le cipolle: immagino che le pezzature siano notevolmente inferiori a quelle dell'estate 2014, ma poco conta.
Nell'aria c'è odore di polvere, di geranio, di orto, di trattore e di forno spento.
L'animo è mediamente agitato, le arrabbiature sono state tante, ma la campagna mi placa.
Svegliarsi prima dell'alba non è mai stato tanto piacevole, e la frescura del mattino rigenera più di mille preghiere: il sole nasce già caldo dal monte dietro casa, e da subito appiana tutto, dando Regola e Tempo.
L'uva sta invaiando, i caprioli continuano a bramire, l'odore di stalla non si fa pungente, ed io mi godo questa Vita, con i calli duri nelle mani, una spalla "svogliata", e le crepe sotto gli scarponi.
E tra un attimo sarà già vendemmia e frenesia.
Ma adesso è tempo di rallentare, sedersi alla meria (ombra), leggere un libro e fare l'indispensabile per recuperare le forze.
Luglio 2015: tra caldo e piacere
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