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Channel: Pensieri di un agricoltore senza tempo
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Le Mie Capre: il Mio Inizio (1° parte)

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Come è già accaduto per i polli (I Miei Polli: l'inizio), nella mia vita di Agricoltore (ed Allevatore) altri animali hanno avuto (ed hanno tutt'oggi) tanta importanza ed attenzione.
Senza dubbio Le Capre sono, senza nulla togliere ai Polli, gli animali che allevo con maggiore passione ed impegno.
Allevare una capra è senza dubbio assai più impegnativo dell'allevare dei polli, seppur di animale con spiccata rusticità si stia parlando: questo, come tante altre ovvie questioni che eviterò di annoverare, mi ha impedito di iniziare questo percorso in età adolescenziale, quando ancora per denaro, logistica e possibilità dipendevo dai miei genitori.
"Una Capra non è un cane", e la frase dettami dal mio babbo la diceva lunga sulle concrete possibilità di allevare questo ruminante, visto che neppure il cane mi era stato concesso.
Nella mia adolescenza di "futuro Agricoltore" non c'erano ne spazio ne tanto meno gli altri presupposti per imbarcarsi in questa avventura, e come per tante altre cose avevo semplicemente deciso di...aspettare, e sapermi accontentare di quanto già avevo.
Ma ogni volta che vedevo una capra in televisione (o ancor di più dal vivo) sentivo quel tuffo al cuore tipico di chi Ama incondizionatamente qualcosa che non può avere, e trascorrevo pomeriggi interi a fantasticare su come sarebbe stato se io avessi avuto "spazio e presupposti" per poterne allevare almeno una.
A scuola, durante le ore di zootecnia, facevo molte domande sulla questione alimentare, e mi interessavo delle razze e delle loro caratteristiche fisiche e produttive: ricordo con divertimento le tante volte in cui il professore faceva dell'ironia su questa mia passione, dicendo che prima o poi sarebbe arrivata l'inevitabile domanda sulle Capre da parte del sottoscritto.
Durante gli anni dell'Università questa mia Passione pareva essersi sopita, e non sentivo più così evidente la scelta di allevare Capre nella mia "futura Azienda": il non trovare una razza autoctona pareva essere l'impedimento maggiore, e stavo mollando quel desiderio che da tanto mi tiravo dietro.
Ma poi arrivò il Podere, ed arrivarono le possibilità: spazio, tempo, capacità erano a mia disposizione, e le prime due capre presto si aggiunsero ai tanti polli bianchi e all'orto che faceva da cornice alla casa.
Ma quale razza?
Impossibile reperirne una autoctona, in quanto non esisteva una razza autoctona della mia zona.
Impossibile reperire una razza autoctona di zone limitrofe, in quanto neanche in questo caso ne esisteva una.
Pareva (ed effettivamente è così) che non ci fosse stata una selezione (o adattamento) tanto nella storia quanto nella tradizione agricola, da parte di questo stupendo animale.
Le capre c'erano sempre state, ma solo di passaggio (con le transumanze dalle montagne verso alle pianure del mare), o allevate in numero esiguo per fare il latte di casa (in sostituzione del latte vaccino): la pecora aveva così tanto spazio nella storia agreste che forse aveva offuscato la capra ed un suo possibile sviluppo.
Minare la mia convinzione che "la saggezza dei vecchi era imprescindibile" stava divenendo una consuetudine quando parlavo di questo animale, ed il "non trovare un valido motivo per cui non avrei dovuto allevare Capre" era in forte contrasto con la mia convinzione.
Semplicemente...me ne fregai, e decisi che Rusticità e Reperibilità nella zona sarebbero state le Regole da seguire nella scelta delle Capre da allevare.
Le Saanen, le maggiori produttrici di latte allevate in ogni angolo d'Italia, bianche e con quelle mammellone così generose, non mi piacevano: le vedevo troppo delicate e forse più adatte ad una stabulazione fissa o a pascoli meno accidentati dei miei.
La mammella che strusciava quasi a terra si sarebbe certamente rovinata con i tanti pruni, arbusti e sassi che avevo di contorno ai pascoli ed al bosco; e sinceramente non mi interessavano quelle quantità di latte, ma puntavo piuttosto alla concentrazione delle sostanze che avrebbero reso (a mio avviso) un formaggio assai più saporito e gustoso.
Le Maltesi, tenere dagli orecchi ad "olandesina", riuscivo a trovarle in zona, ma sempre in allevamenti a stabulazione fissa, ed oltretutto male si adattavano ai freddi inverni che all'epoca regnavano al Podere.
La Ionica, capra più robusta delle precedenti, dal lungo pelo e senza corna, poteva fare al caso mio, ma non era molto reperibile sulle colline, e trovavo pastori disposti a venderne solo di vecchissime ed oramai a fine carriera.
Nessuna razza Pura per me, e quindi ripiegare sulle meticce fu l'unica scelta possibile.
Iole e Nilde arrivarono in un freddo pomeriggio di Gennaio.
Iole, divenuta ben presto la capobranco, era  una meticcia con sangue di Girgentana, Saanen e chissà cos'altro, alta e snella, zucca (senza corna) e dal temperamento assai caparbio, bianca con macchie grigie, ed una curiosa strisciolina marrone sulla testa.
Nilde, una gregaria e madre perfetta, era una meticcia con prevalenza di sangue Camosciata delle Alpi, alta e zucca, con temperamento più mite rispetto alla sua compagna, meno famelica e più silenziosa.
Queste due furono il Mio Inizio.
Una stallina ricavata in un angolo riparato sotto ai cipressi, tavole, pali e bandoni, con un cortiletto tutto per loro e la possibilità di entrare e di uscire quando più lo desideravano.
Tanto fieno a loro disposizione, un pascolo occasionale improvvisato attorno alla casa, e tutta la mia esperienza teorica ed inesperienza pratica.
Quelle due capre erano state acquistate per pascolare, riprodursi, fare latte e regalarmi quella montagna di cacca di cui tanto necessitavo.
Il letame di Capra, da molti bistrattato, se maturato a dovere è un ottimo ammendante per la vigna, gli olivi e l'orto: era fondamentale per me, e sopratutto in quel momento necessitavo di una certa "quantità di qualità".
L'impegno iniziale era piuttosto limitato: alla mattina la visita in stalla, l'apertura del "cancellino" (deputato a separare la parte notte dal recinto attorno alla stalla), un breve controllo per vedere se tutto era apposto, la pulizia o sostituzione della lettiera (fatta rigorosamente di paglia d'orzo o di fieno scadente), il ricambio dell'acqua, il governo con il fieno; alla sera ancora fieno, occasionalmente quel pugno d'orzo (in chicchi), la chiusura del cancellino...
...e così via, di giorno in giorno, sino a che ci fu la prima nascita.
Era un sabato pomeriggio, e le mani fredde non trovavano pace in quel loro sfregarsi a vicenda.
Sentii Nilde belare, e la cosa da subito mi parve assai strana, visto che Nilde aveva belato solo il giorno che entrò nella sua nuova casa: avvicinandomi alla stalla sentivo di sottofondo il respirare affannato di una delle due, ed i richiami che Nilde mi mandava erano una chiara richiesta di assistenza per Iole.
Entrai nella stalla, mi tirai su le maniche, e mi accovacciai accanto a Iole che non pareva affatto disturbata dalla mia presenza, ma che respirava affannosamente: Nilde le stava di fronte, specularmente, ed emetteva dei piccoli e brevi belati, come a scadenzare il ritmo della respirazione della sua compagna partoriente.
Iole spinse non appena mi accostai, e quanto doveva uscire pareva essere bloccato.
Non mi feci troppi problemi, e quello che avevo solo letto e riletto divenne semplicemente automatico per me.
Senza esitare aiutai quel capretto ad uscire: il caldo del suo corpicino fumante, quell'odore di ferro e viscere, le mie mani insanguinate, e la madre che si girava da subito a leccarlo, mentre Nilde assisteva adesso silente.
Quel momento, esattamente quel momento, è e rimarrà indelebile nella mia mente: avevo fatto nascere il mio primo capretto.
Era un maschio, molto più grande di quanto mi aspettassi, e messo a terra si lasciò annusare da entrambe le capre.
Iole mi belò, con un belato lungo quasi come fosse un sospiro, ed appoggiatomi il muso sulla mano insanguinata, mi annusò ripetutamente e poi prese a leccarmi.
Appoggiare quella mia mano sul corpicino unto del capretto appena nato, servì a farla concentrare su chi doveva essere ripulito ed accudito, mentre la fedele Nilde pareva scaldarlo con il fiato.
Rimasi lì, con quelle lacrime di bimbo che salate andavano a perdersi nella barba, mentre quel momento diveniva indelebile nel mio cuore.
La placenta fu espulsa quasi subito, e tutto trionfante me ne uscii dalla stalla con quel budello tra le mani, pronto per portarlo nella concimaia.
Era nato il primo capretto, ed io lo avevo fatto nascere.
Nel suo futuro vedevo un possibile scambio con un amico allevatore, che lo avrebbe accolto nel suo gregge per farlo divenire Becco, e che in cambio mi avrebbe dato una terza capra femmina per il mio gregge.
Pochi giorni trascorsero, scadenzati da ripetute visite in stalla (anche e sopratutto di notte), preoccupato dalla tramontana che sbatteva forte su quei bandoni.
Pochi giorni trascorsero, e mentre quel capretto cresceva robustissimo, fu Nilde (sempre di sabato pomeriggio) a chiamarmi dalla stalla mentre stavo entrando in casa.
Belati lunghi e robusti, accompagnati dai frequenti di Iole e del Caprettino.
Una corsa ed entrando trovai Nilde stesa su di un fianco: si tirò su, ponendomi il suo posteriore, quasi come sapesse cosa lei ed io avremmo fatto di lì a poco.
Una coppia di zampette nere, il musino tondo, e senza toccare la madre mi nacque tra le mani.
Adagiai il piccolo senza curarmi minimamente di scoprirne il sesso, e subito la partoriente iniziò a spingere nuovamente: ben presto due altre zampine accoppiate spuntarono tra quel sangue, e con minor sforzo da parte mia uscì un secondo caprettino, di poco più grande rispetto al primo.
Nilde a quel punto si girò, e nell'annusare prima e leccare dopo entrambi i capretti, dispensò attenzioni anche per me e le mie mani: Iole assistette in silenzio a quella pulizia, andando subito a scaldare col fiato quei due frugoletti scuri, mentre il suo Capretto s'era accoccolato accanto ai due, e li osservava incuriosito.
La notte non chiusi occhio tanta l'adrenalina e la gioia mi avevano fatto visita: erano una femmina ed un maschio, e non ero affatto dispiaciuto da questa opportunità.  Una femmina (la più grande) da allevare ed il maschio da cedere o macellare (visto che già un maschio era presente nella stalla).
Ancora una volta, associare la nascita alla morte, tornava ad essere la Costante della mia vita di Agricoltore, condita di consapevolezza, sena alcun rimorso per questo.
Ancora una volta sapevo che la Natura mi aveva regalato la possibilità di avere due percorsi diversi: da una parte una capra che sarebbe cresciuta con la madre, poppandone il latte sino a sei mesi di vita (tanto per una capra...tanto), imparando da subito le regole del pascolo, e divenendo magari una brava madre a sua volta; dall'altra parte un maschio, che non potevo allevare per ovvie questioni di consanguineità, che doveva recuperare forze e peso per essere destinato alla vendita per vita o per macellazione.
La Vita, seppur continui ad apparire ingiusta e sbagliata per molti, è anche questo: consapevolezza, equilibrio tra la morte e la nascita, responsabilità, attenzione.
Tre capretti, saltellanti, con una femmina destinata alla rimonta, e due maschi che avrebbero avuto destini distanti da quelli di Norma, così chiamai la capra robusta di Nilde.
In quei giorni imparai molto, e quanto appresi mi fu insegnato da due capre, Iole e Nilde, e dal loro modo di comunicare senza usare parole, e di fidarsi ed affidarsi alle mie cure ed attenzioni.
Questo fu l'inizio di una storia che non terminerà certo tanto presto.

Il Mio Inizio, durante una calda giornata di fine Marzo



Problema: Commenti NON PUBBLICATI in automatico sul Blog

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Da circa una settimana sto riscontrando dei problemi su questo Blog.

Ricevo sulla mia posta elettronica (come da me impostato) l'avviso di ognuno dei vostri Commenti, ma a quanto pare alcuni NON vengono pubblicati.

Qualcuno di voi ha riscontrato il medesimo problema?
Avete consigli su come ovviare a tale problema?
...devo arrabbiarmi?

La prima rondine dopo il "diversamente inverno"

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Oggi venerdì 18 Marzo, la prima rondine.
Con 14 giorni di anticipo rispetto al 2015 (ne parlavo QUI ), con 21 giorni in anticipo rispetto al 2015(era l'8 di aprile), con 10 giorni di anticipo rispetto al 2014 (era il 28 di marzo), con 12 giorni di anticipo rispetto al 2013 (era il 28 di marzo), con 16 giorni di anticipo rispetto al 2012 (era il 3 di aprile)...
Rileggo nei miei appunti, impilati e stretti nelle agende degli anni passati, e tutto questo mi porta a riflettere su quanto questo "diversamente inverno" se ne sia ufficialmente andato via.
Proprio questa mattina, parlando con babbo delle semine, constatavo di quanto la Natura fosse in anticipo, e di come quest'ultima settimana trascorsa nel freddo avesse rallentato la folle corsa della Primavera.
"Gli pole avè ffatto solo bene!" (può avergli fatto soltanto del bene) la considerazione che regnava ogni sera chiudendo lo scuro e strappandolo al grecale che me lo inchiodava alla facciata del Podere.
Sette giorni senza pioggia...sette giorni con le minime anche al di sotto dello zero...sette giorni di asciuttore (tempo asciutto)...sette giorni di un Febbraio mai venuto.
Le constatazioni sulla luna che è in ritardo, e sulla Natura che è in anticipo...ed alzando gli occhi questa sera, mentre parlavo al telefono con Enne, l'ho vista,
"C'ho una monachella che mi ronza sul capo...si, si, sò arrivate in anticipo" mentre anche Enne faceva considerazioni su quanto quel freddo passato avesse potuto solo far del bene alle piante.
Quella che chiamo (sbagliando) monachella altri non è che la classica rondine dalla pancia e petto bianchi, ed è la rondine pioniere, che in solitudine arriva ogni anno al tramonto, a raccontarmi dell'arrivo delle sue sorelle.
Poco prima dell'imbrunire ho ascoltato a lungo il merlo, che "cantava a caldo", ossia aveva i classici e lunghi canti della bella stagione.
Tra non molto dovrò seriamente pensare di ripulire l'orto da quell'erba così grassa ed alta, e girar la terra per le semine ed i trapianti.
Ma il camino è ancora acceso, mentre la stufa tace oramai da 5 giorni.
Oggi le capre al pascolo parevano matte, mentre due api mi ronzavano intorno in cerca di fiori buoni.
Nell'aria c'è un profumo dolce di fiore bianco, ed i petali trasportati dal vento mi dicono che è iniziata l'allegagione dei susini mirabolano sotto la vigna.
E' primavera, c'è poco da aggiungere.

Le Mie Capre:la prima mungitura(2° parte)

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Tre capretti, saltellanti, con una femmina destinata alla rimonta, e due maschi che avrebbero avuto destini distanti da quelli di Norma, così chiamai la capra robusta di Nilde... qui il resto della prima parte


...
Le settimane trascorsero veloci, mentre si allungavano le giornate ed il caldo tornava a padroneggiare.
Il primo capretto, quello di Iole, era divenuto un Becchetto assai vispo e determinato: a due mesi e mezzo già tentava di montare la madre, e seppur solo di un prematuro approccio si stesse trattando, dovetti presto separarlo dal resto del gregge.
Sin che son piccini e carini, poppano e belano, saltellano e zampettano possono stare con la madre, le altre femmine e gli altri maschietti, ma poi cambiano atteggiamento e da un giorno all'altro ci fanno capire che loro al mondo son venuti per fare i Becchi, e non i pupazzetti simpatici e coccolosi, e tutto cambia...
Parlerò di questo in futuro, e per adesso vorrei concentrarmi sulla madre ed il suo latte.
Una volta allontanato il figlio, la madre ha latte e necessità impellenti: la mammella deve essere svuotata.
Era la mia prima volta che "addomesticavo" una capra per essere munta, e non mi vergogno a dire che la Iole mi fece sudare sette camicie, e mi fece anche imprecare tantissimo dentro a quella stallina con poca luce.
Lei si lasciava avvicinare, toccare, accarezzare e mi aveva sempre permesso di starle intorno anche quando aveva il capretto...
...ma mungerla era tutt'altro che facile e scontato.

La prima volta.
Avevo allontanato il capretto al mattino, ed avvicinandosi l'imbrunire, entrai in stalla deciso, munito di sgabellino e secchio di metallo.  Lei scappava, come scapperebbe un bambino di fronte all'infermiera che vuole fargli una puntura.  Scappava, salvo poi rifermarsi, farmi accostare, e toccarle il bacino, le gambe, ma come sfioravo la mammella lei pareva avere l'argento vivo addosso.
Per prenderla dovetti usare la forza e l'inganno, e quei chicchi di mais nascosti nella mano mi aiutarono più di mille corde strette; ma ben presto il suo mangiare terminò, e quei due schizzi di latte (per giunta pure fuori dal secchio) non erano serviti ad altro che farla essere ancora più impaurita.
Mi sedetti, e ricordo perfettamente che lasciai che riprendesse fiato, mi si accostasse nuovamente a leccarmi il sudore (le capre impazziscono per il salato) e che riprendesse a mangiucolare un qualche chicco che mi era sfuggito dalla mano.
Come potevo CONVINCERLA senza spaventarla?
Come potevo farle comprendere che non volevo nuocerle ma solo darle sollievo?
Come potevo spingerla a fidarsi di me anche mentre le sfioravo la mammella tesa, gonfia e dolorante?
La spinsi con le braccia verso la parete della stalla, e con il mio fianco sinistro la tenni schiacciata e costretta in quella posizione.  Con una mano le presi la mammella, salvo poi ricevere il più grande calcione che un quattrozampe mi avesse mai dato sino ad allora.
Un calcio di capra non è certo un calcio di asino, né tanto meno di cavallo o di vitellone, ma è comunque un bel colpo, che se dato in posti strategici può rompere un braccio, fratturare le ossa della mano, far saltare i denti e...farvi cantare nel coro delle voci bianche.
Un calcio di capra fa male, ed io non me l'aspettavo così...doloroso (errore di valutazione).
Cadde il secchio, caddero i miei occhiali, caddi io, e la capra scappò dalla stalla: era tutto da rifare, mentre il mio torace aveva di che lamentarsi per le successive tre ore.
Son convinto che chi passò con l'auto nella strada asfaltata sotto casa, poté  udire e distinguere chiaramente tutte le imprecazioni che coniai appositamente per quel nuovo dolore.
Ma non mollai, e dopo cinque minuti ero di nuovo nella posizione di prima, con lei schiacciata al muro, ed io che la tenevo ferma.
Col cavolo che mi accostai con il viso, e questa volta il suo calcione fu lanciato a vuoto, come anche il terzo, il quarto e tutti gli altri trenta.
Aveva il fiatone.
Avevo il fiatone.
Nessuna tortura per lei: era in piedi, nella sua stalla, accostata alla parete e lì tenuta bloccata, ma libera di muovere testa, collo, zampe (quest'ultime sin troppo...appunto...).
La tortura la stavo subendo io, che mi vedevo soccombere contro una capra che DOVEVA ESSERE MUNTA, altrimenti avrebbe rischiato problemi.
Smettere repentinamente di mungere una capra può causare fastidiose, dolorose e spesso anche gravi forme di mastite, e tutto volevo meno che lei avesse dei problemi.
L'ultima poppata del suo figliolo, data circa dieci ore addietro, non era più sufficiente, e la mammella era bisognosa d'essere alleggerita.
Terminata le serie di calcioni, approfittai del suo riprendere fiato per agguantarle la mammella con la mano destra, mentre con la sinistra mi avvicinavo il secchio.
Mungere una capra era simile a mungere una pecora (disciplina che avevo imparato anni prima e che tanto mi riusciva), ma convincerla nella prima munta (lo ripeto) fu impresa assai ardua.
Uno zirlo (schizzo sibilante) di latte, un secondo, un terzo...e la Iole capì che non ero lì per nuocerla.
Mi concesse quasi un litro di latte, digrumando (ruminando) pacifica e mantenendo gli occhi sbarrati, ma comunque volle avere l'ultima parola...e serrando l'ultimo calcione della giornata mi scaraventò il secchio del latte dall'altra parte della stalla, lasciandomi letteralmente senza parole.
Avevo finito le imprecazioni, ed il frutto di tanta fatica era sulla parete ed il pavimento di quella stalla oramai buia.
Due ore mi ci vollero, per quel litro di latte.
La mungitura doveva essere effettuata due volte al giorno, e per una settimana e mezzo (una ventina di mungiture) non riuscii a portare in casa neanche una goccia di latte.
Vi lascio immaginare cosa volesse dire rientrare in casa, con il secchio vuoto, e la camicia fradicia, sapendo che il latte era stato versato in terra, o sporcato (regolarmente a fine mungitura) con la zampa posteriore, o oggetto di un'abbondante defecata, o scambiato per orinatoio.
Credo che fosse il suo modo per farmi dispetto, ma il suo essere tranquilla non appena io terminavo di mungerla, era disarmante: dispensava le solite attenzioni per me, e mi seguiva fedele senza lasciar intendere alcun tipo di rancore.
Poi un giorno decisi che era arrivato il momento di usare le maniere forti, e presi una fune seguendo i tanti consigli che i pastori della zone mi avevano dato: nella fretta di uscir di casa mi scordai il secchio, e presi un bricco di alluminio che avevo fuori dall'uscio di casa ad asciugare.
Entrai in stalla, la capra neanche vide la fune che mi spenzolava dalla sinistra, ed andò ad annusare quel bricco: mi si mise di fianco, immobile, come se la stessi costringendo, e posizionato il bricco non accennò alcun minimo nervosismo...e si lasciò mungere, come se stessi facendo la cosa più naturale e scontata del mondo.
Non commento...ma vi basti pensare che rientrando in casa avevo i lucciconi agli occhi tanta era la soddisfazione per aver trovato la soluzione giusta alla necessità (svuotarle la mammella) e l'opportunità (godere del suo latte).
Era bastato cambiare recipiente, e stupido io che non ci avevo pensato prima.
Mai legai quella capra, e mai legai le altre.

La mungitura è un momento delicato, intimo direi, tra l'animale che concede il suo latte e le mani del mungitore, che si fanno sensibile ed attente ai tanti segnali che la mammella lascia intendere.
La pressione, il movimento, il ritmo...tutto in un equilibrio che da capra a capra cambia, e che vien lasciato intendere.
Che sia un secchio, che sia una specifica posizione, che sia un suono: ogni capra ha la sua specifica richiesta.
La Nilde invece non aveva grandi pretese: per lei, oramai con la femmina sola da allattare (il maschio fu macellato), aveva molto latte da darle (dove prima poppavano in  due adesso poppava una sola), e non si curava delle mie mani: ogni tanto andavo ad accarezzarla, ed emettevo un suono con la bocca tanto da abituarla.
Un giorno, dopo svariati mesi, Norma si poteva dire svezzata, e quindi ne approfittai per separarla dalla madre ed iniziare a "sottrarle" quel latte che comunque non pareva più apprezzare molto.
Nilde faceva meno latte rispetto a Iole, ma a differenza di quest'ultima lei non era impaurita da un secchio ne tanto meno dai miei gesti: a lei bastava solo essere alleggerita.
Due capre da mungere, una nuova abitudine da prendere, e quel latte così profumato da utilizzare in qualche modo.
Per primi vennero gli yogur, e fu mia moglie a cimentarsi in questa fase, poi i primi formaggi a pasta molle, e poi la prima simil robiola.
Ma di questo ne parlerò in seguito.
Una delle prime mungiture di Iole





Marzo pazzo, sino all'ultimo giorno

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Iniziato all'insegna della pioggia.
Proseguito con temperature di molto sopra la media del periodo.
Poi evoluto in giornate di tramontana e sole fresco.
Poi caldo, improvviso.
Ed ecco anche la nebbia.
Una brinata.
Due brinate.
Ancora fresco e ventilato con venti provenienti da nord.
Poi assenza di vento, massime in aumento.
Poi sole.
Poi nuvoloso e scirocco, con umidità in aumento.
Poi variabile.
Freddo.
Molto freddo.
Neve sui monti intorno al podere.
Ed ancora fresco e sole.
Massime di nuovo in aumento.
E per oggi, giovedì 31 marzo, sono previste temperature massime tra i 22°C ed i...30°C

Marzo è pazzo...poc'altro da aggiungere.

Collaborazione, rispetto, attesa, lavoro, osservazione, silenzio: semplicemente Api

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Sabato mattina, durante una delle tante visite che sto facendo in quest'ultimo periodo.
Il vento si era appena placato.
L'odore di cera era fortissimo.
Complice un pò di tempo libero e la macchina fotografica a portata di mano.
Per immagini, senza altre parole per descrivere.








...io le adoro, letteralmente.

A Voi che leggete: Argomenti Scottanti per l'Agricoltore Anacronistico

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Questa notte non dormivo.
Questa notte ascoltavo il rumore della pioggia.
Questa notte ho riflettuto a lungo.
Ho pensato a questo "angolo" nella Rete estesa, dove riverso i miei pensieri, ed ho pensato a come in tutti questi anni ho voluto insistere su determinati argomenti, piuttosto che tralasciarne di altri magari più importanti.
La Vita al Podere, le lavorazioni, gli animali e le piante, il clima e le sue bizzarrie, le attese, le corse affannate, la fatica, le soddisfazioni, le aspirazioni, le delusioni...temi da me affrontati nelle ormai tante pagine riempite di inchiostro (virtuale), ed affidate a gli occhi di quanti hanno voluto, saputo e potuto fermarsi a leggere.
Sempre sottolineando come l'anonimato del sottoscritto fosse fondamentale per lasciare spazio alle idee piuttosto che alla faccia.
Sempre sottolineando come il tempo in cui vivo fosse tanto avanti quanto indietro a quello dove (forse) avrei potuto (saputo?) trovare una collocazione migliore.
Ho parlato dei miei polli, constatando che tale argomento è il preferito da voi lettori, ed ho parlato di vino naturale e/o di decrescita felice e/o ho postato video...constatando che la cosa vi interessava assai meno.
Non mi son curato molto dei vostri gusti, ma sono andato avanti con il mio ragionare, sicuro della personale necessità di aprirmi e condividere su vari fronti.
Più volte mi avete chiesto dove vivessi (provincia, comune, etc), ed altrettante più volte mi avete chiesto di aggiungere foto: da improvvisato bastian contrario ho ignorato tutto questo, pensando di non offrire un "servizio a richiesta" ma semplicemente di affidare alla spontaneità la direzione del mio operato.
Alcuni lettori li ho persi nel tempo, svaniti dal virtuale o piuttosto approdati sui social media (assai più accattivanti di questo angolo).
Altri lettori si sono aggiunti dimostrando da subito costanza ed affetto.
Confesso a tutti voi che soltanto ad inizio 2016 ho iniziato a leggere le statistiche di questo Blog, e sono rimasto colpito da quanti lettori abbiano raccolto questi miei pensieri.
Quasi per timidezza, certamente con un pò di vergogna, ho appreso quanto le parole di Enne (ve lo ricordate?) si siano dunque dimostrate veritiere.
Lui, che in questo angolo è l'unico Amico che conosce tanto il mio tono di voce quanto il mio modo di parlare, assieme ai miei due genitori (che mi leggono più o meno di nascosto) sa quanto io sia realmente l'Agricoltore Anacronistico che qui descrivo a voi.   E proprio lui, durante una passeggiata fatta sul lungomare la scorsa primavera, mi disse che questo mio raccontarmi sarebbe ben presto divenuto un vero e proprio impegno.
Impegno, preso verso chi non ha volto ma solo firma virtuale, verso i tanti anonimi che mi leggono, verso chi arrivava per caso, per sbaglio o in cerca di una consultazione: un impegno crescente che avrebbe potuto portarmi ad una maggiore esposizione.
Eccezion fatta per le tre persone nominate prima, per mia moglie, e per pochissimi altri, io non devo avere un volto, e nel quotidiano continuo a nascondere questa (doppia???) identità anche e sopratutto con chi avrebbe le capacità per far aumentare le visite su questo Blog.
Ma appunto, essendo io persona lontana dalle classifiche, dalle gare e dai numeri, ho continuato a fare silenzio, lasciando che fosse il passaparola a far conoscere alla gente questo angolo .
Lo scorso settembre, partecipando ad un incontro tra agricoltori, mi è capitato di sentire con le mie orecchie una mia citazione fatta sul Blog, sentendo pronunciare da altri anche le parole "Agricoltore Anacronistico" in un chiaro riferimento ad una discussione aperta qui tempo addietro.
Sinceramente la cosa mi ha fatto...senso, non so spiegarlo bene...
E quelle parole di Enne hanno continuano a rimbalzarmi nella testa per tutti questi mesi, sino proprio a questa notte portandomi ad alcune conclusioni.

La prima è certamente che io devo ringraziare quanti di voi si son fermati, fosse anche solo per un attimo, a leggere questi miei pensieri: siete stati sempre gentili, disposti e pazienti nell'accettarmi con i miei modi di fare POCO "da virtuale".

La seconda è che, attraverso molti dei blogger che hanno peregrinato tra queste pagine, mi è stato dato modo di conoscere altri Blog, e di "entrare" quindi nelle Vite di quanti abbiano avuto il desiderio di condividersi nella Rete.
Ecco che ho visto pance farsi bimbi, e bimbi farsi grandi; ho visto edificare case, nascere imprese, morire passioni; mi sono commosso leggendo della tanta Poesia che c'è nelle Vite raccontate, spesso anche soffrendo delle sofferenze altrui; cani scodinzolanti, fiori e luci, sensazioni e paure trasmesse attraverso le parole di altri, ma sempre accolte in modo indelebile nella mia Vita.
Ai Blogger che passano di qui rinnovo quindi la stima e il sincero ringraziamento per la loro voglia di condividere.

La terza cosa che ho capito è che veramente io NON CI SO FARE: scrivo per come parlo...parlo per come penso... senza filtri, ed in un italiano quasi sempre "appiccicato", in una grammatica fortemente sgrammaticata, con tempi troppo lunghi, e lunghe parentesi aperte per poi chissà quando essere richiuse.
Mi invento un modo di raccontarmi che è dettato dalla spontaneità e non certo da quella furbizia (detto con accezione assai positiva) che dovrebbe avere chi vuol comunicare con sempre più persone.

E poi ho capito un'altra cosa, importante e fondamentale: non ho mai preso posizione ad una o più delle tante battaglie/crociate idealistiche/posizioni che nella Rete (e nel Quotidiano) si suole prendere parte.
Lasciando perdere tutti quegli argomenti che poco o nulla potrebbero avere a che fare con l'Agricoltura, ho certamente omesso di parlare/parlarvi/ascoltarvi su temi importanti come i Glifosati, oppure come il Veganismo, oppure come la Lotta Contro la Fame nel Mondo, piuttosto che parlare delle Trivelle nei nostri Mari, o anche prendendo posizioni sulla Caccia, sulla Pesca, o sulla Deforestazione, o sulla Desertificazione, o anche sull'Olio di Palma piuttosto che sugli OGM...
...e potrei andare avanti ancora per molto, elencando quei temi con cui (sempre secondo le parole pronunciate da Enne) dovrei impegnarmi maggiormente, piuttosto che accennarli in discorsi più ampi.

...
La notte è stata lunga.
E mi ritrovo a scrivere qui con l'ennesima filippica, parlando questa volta di Impegno.
IMPEGNO...lo sto appena prendendo ufficiosamente, nei tempi e nei limiti che la mia persona sappia sostenere, cercando di continuare a parlarvi dell'insalata dell'orto, del trattore, delle rondini, o della pioggia, ma...ma anche affrontando dei temi che potranno rendermi ancor scomodo/antipatico a quanti non la possano pensare come me.
Credendo che la Rete non sia un luogo dove riversare frustrazioni, livore, cattiverie e oscenità, apro a tutti la possibilità di usare questo angolo per dibattere anche di quei temi che sino ad oggi sono stati solo accennati e mai affrontati... di petto.
Saremo in grado?
Sarò in grado?


Glifosati:siamo quello che mangiamo

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Questa mattina, ascoltando la radio durante un momento di pausa, ho sentito che ne parlavano alcuni giornalisti...
Quest'oggi, leggendo un quotidiano, ho letto un articolo a riguardo...
Questa sera, scorrendo tra i vari TG, molti erano i servizi dedicati all'argomento...


La IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) lo ha dichiarato come probabile cancerogeno per l'uomo...

L'EFSA(Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare) ha detto che è improbabile che possa
costituire un pericolo di cancerogenicità per l'uomo...

Ci sono molte petizioni on line per interdirne l'utilizzo.
Ci sono autorevoli associazioni che hanno preso nette posizioni contro tale composto chimico.
Ci sono sconosciuti e conosciuti che stanno lottando da mesi (se non da anni) affinchè l'Italia e l'Europa mettano il divieto d'utilizzo di questo VELENO.  
Perchè di VELENO stiamo parlando, e su questo saremo tutti d'accordo.
Non un ERBICIDA (DISERBANTE) a caso, ma il più diffuso in Italia, ed in Europa, che viene impiegato per un numero impressionante di ettolitri ogni anno, e che è facilmente ritrovabile in oltre 700 prodotti specifici per il diserbo.
Entro il prossimo mese di giugno la Comunità Europea deciderà se rinnovare (o meno) l'autorizzazione per l'utilizzo di questo composto.
Non spetta a me fare la lezioncina su cosa sia un diserbante, e sulla storia di questo composto, ma esorto tutti i lettori di questo Blog a documentarsi ed a spendere del tempo per farsi una propria idea.
Siamo quello che mangiamo!



Freddo di Maggio: tra pioggia e camino

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Pareva impossibile, e quelle temperature di metà Aprile facevano immaginare chissà quali prospettive.
Ad Aprile la vigna stava letteralmente esplodendo, correndo con una vegetazione mai vista per quel periodo.
Il prato ed il pascolo erano verdi e ricchi, come le chiome dei tanti alberi da frutto.
Le galline andavano a cova, ed il camino acceso faceva soltanto compagnia (e non più bisogno).
Caldo, da camicia e maniche tirate su, da uggia serale per quel piumone invernale, dal pizzicore che la maglina di lana iniziava a dare.
Caldo, troppo, ed era soltanto metà Aprile.
Un mese dopo è accaduto l'esatto opposto: freddo e pioggia, pioggia e freddo, freddo, pioggia...ed ancora pioggia.
La tremenda gelata tardiva qui non è arrivata, ma la notte siamo arrivati a 4°C, portando il camino a tornare di bisogno, e mettendo i calzettoni di lana come primi alleati del mattino agricolo.
Freddo, certamente antipatico, che ha frenato tutto, urlando nelle orecchie della vigna quanto la Natura potesse "livellare" ogni cosa: per il tanto caldo anticipato prima, adesso tanto freddo posticipato.
E le notti si son fatte insonni per la preoccupazione del giorno successivo, e quel "perdere il sonno" ha appesantito il passo molto più della tanta mota (fango) che si è appiccicata in giorno prima continua  sotto agli stivali e ad appesantire ogni mio passo.
Le galline hanno rotto la cova, il prato ha rallentato la crescita, i frutti appena allegati sono iniziati a cadere.
Le piante di patata, prima spavalde oltre la pacciamatura, adesso appaiono come rimboccate sotto a quella protezione.
Le poche piante di carciofo hanno frenato (se non arretrato) la loro crescita, e la mignola degli ulivi si è messa in pausa.
Le api, che sciamavano e producevano, adesso paiono disorientate, e si son messe a mangiare le scorte del proprio miele appena stivato.
Io guardo il camino, spento più per volontà che per esigenza, e penso che ho finito la legna segata, e che tutto vorrei tranne che ri-impugnare la motosega di mezzo Maggio.
La pioggia poi ha condito il tutto, allagando la vigna e rendendo impraticabili i campi.
Il grigiore, misto a nebbia, porta (e porterà) preoccupazioni per le viti,mentre le pozzanghere non vogliono asciugarsi.
La Natura (appunto) ha livellato, portando quanto prima aveva tolto.
Se viene il caldo il fieno sarà tanto.
Se viene il caldo le ciliegie parranno poponi.
Se vien caldo l'orto riprenderà vigore.
Se vien caldo sortirà anche qualche fungo.
Se vien caldo potrò togliermi questi stivali, umidi e ghiacci, che tanta mota hanno raccattato anche in quest'ultima annata.
Se vien caldo...magari mi lamenterò per il caldo, da buon Agricoltore quale sono.

Racconto di Vita Anacronistica: storie di telecamera e d'Amore (7° parte)

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Non ci volle troppo ingegno a comprendere quanto mi stesse accadendo: nuotare nell'Amore, e sentirsi tenuto a galla da questo divenne il sapore più profumato che i miei occhi avessero mai ascoltato prima di allora.
Ero trattenuto nelle mani di Lei,  falena nella notte, che nel semplice seppe darmi l'oltre.
Quei libri oramai chiusi, e quelle risme di fogli appuntati e trascritti, giacevano nell'angolo della scrivania, e lo zaino ben presto fu svuotato per lasciar posto alla musica ed alle nuove idee.
Quel Settembre mi avrebbe aperto al mio primo, vero ed unico Anno Sabbatico: la famiglia mi appoggiava in quella decisione, e lasciai quindi che la leggerezza si sostituisse al senso di colpa.
Lasciare l'Università fu tanto veloce quanto fisiologico: non lo tolleravo più l'odore di quella camera che mi aveva visto conteso fra aspirazione e fallimento, e con una lacrima amara lasciai la chiave di casa nel posacenere dell'ingresso.
Una volta chiusa la porta alle mie spalle, non mi voltai più, lasciando lì chiusi per sempre quegli eventuali rimpianti e rimorsi che non avrei mai voluto portarmi appresso.
La macchina grigia, riempita di vecchie ambizioni, non indugiò neanche quella volta nel riportarmi a casa, cullata e spronata dalle poesie di Faber, dall'inimitabile voce di Freddie, dai cori di Dolores,  dal basso di Jaco, dalla frenetica telecaster di Bruce e dall'acustica e armonica di Bob.
Io facevo ritorno, mentre Lei si apprestava a partire per il suo studiare.
Davanti a quel treno, in quella stazione spoglia e sfollata, la nostra Unione iniziava all'insegna di un treno che partiva, e di uno di noi che rimaneva.
...
Quanti treni ho visto partire...
...
Con il mio ciuffo nero, la camicia a quadri, e quella candela sempreaccesa attendevo le ore notturne per poterla ritrovare, lasciando sempre la finestra socchiusa nella speranza che potesse volare nella mia camera ed apparire su quel minuscolo display verde che tenevo acceso di fianco a me nel letto.
Leggerla era gioia, e l'Amore fu anche questo: una consapevole follia moderata... un'irrefrenabile gioia dolorosa che contaminava ogni centimetro dei miei pensieri.
Il solo pensarla mi faceva nascere un fiore nel petto, ogni volta.
Quei momenti, fatti di frasi brevi scritte da lei prima del sonno, erano grandi regali in quelle notti così lunghe ed in quei giorni fatti di ricerche ed ascolti.
All'indomani del nostro sentirsi, uscivo di casa e subito dovevo recarmi laddove la terra abbracciasse il cielo, sempre salendo, sempre su di una collina o una cima di montagna: lì, una volta seduto e ripreso il fiato, concepivo nuove idee e ne sviluppavo le eventuali concretezze.
Una telecamera prestata dall'Ottavo, un cavalletto improvvisato, un taccuino, una penna blu, una macchina fotografica, e la voglia di far muovere quelle immagini.
Ero bravo, lo riconosco senza superbia alcuna, e sapevo districarmi da quella claustrofobica autarchia dettata da un borsello vuoto e dalla voglia di indipendenza.
Babbo e mamma, come anche i miei nonni, pazientavano senza pressare mai su quel mio fare diurno, osservandomi incuriositi nelle prime realizzazioni ed in quella trasformazione da camera da letto a studio di montaggio.
Ma la notte, proprio quando accoglievo le notizie di Lei, la mia mente correva al futuro (ancora una volta nella mia vita...) ed a quel Podere che sapevo un giorno sarebbe stato mio: pensavo a quel sogno di Vita oramai modificato, ed a come avrei mai potuto far conciliare la telecamera con la zappa.
E mentre i treni partivano, e gli a tra poco si sommavano, affinavo quella tecnica improvvisata, e poco a poco mi proponevo al resto del mondo con quelle mie nuovi vesti.
Un paese è piccolo, e ci vuol poco a diventare "personaggio", ed ecco che tra matrimoni ed eventi ero sempre lì in prima fila a fare il mio dovere, tentando di raccogliere quel poco che bastasse per non farmi sentire un mantenuto in casa dei genitori.
Giorno dopo giorno quello sforzo era ricompensato dalla soddisfazione, e ben presto mi spostai dalla camera di casa agli studi televisivi: una piccola emittente scommise su di me, e da quel momento capii che quella mia nuova Passione era ufficialmente divenuta una professione.
Partito in sordina, perlopiù nella speranza di apprendere, mi resi disposto e disponibile, accettanto di servizi più disparati, e non mettendo limiti etici o "di stomaco".
Fu così che il mio primo servizio fu su un'incidente mortale: un giovane in moto che si era schiantato in curva.   Arrivai che ancora non lo avevano coperto con il lenzuolo bianco, e mi fu fatto cenno di passare dal maresciallo che sovraintendeva quei delicati momenti: la discrezione ed il sangue freddo non s'insegnano, e quel primo filmato fu spontaneo, senza dolore o repulsione, senza vergogna o diniego.
Capii da subito che con quella telecamera in mano avrei saputo essere dentro e fuori alle immagini, rispettoso (quello sempre e comunque) ma audace.
Tante le facce filmate, e tante le storie raccontate, lasciando che il Tempo facesse maturare tanto il professionista quanto l'uomo che stavano dietro a quella telecamera: cercando ogni volta di carpire quanto la Vita distribuisse al prossimo, che di gioia o di tristezza si trattasse, e facendo tesoro di quel grande insegnamento a cui ero fortunatamente esposto.
Ben presto fui premiato, e mi furono proposti servizi considerati più importanti, i primi speciali, e la possibilità di fare anche il cameraman di studio: era il duemilatre, e quei sessantaquattro mila chilometri percorsi tra una storia e l'altra mi avevano fatto meritare le mie prime dirette televisive.
Una televisione locale non può farti montare la testa, e le mie aspettative erano rivolte a quell'opportunità che avevo di imparare lavorando.
Me ne stavo in un angolo, aspettando la chiamata per un'uscita, ed intanto osservavo chi di regia se ne intendeva, o piuttosto mi mettevo a disposizione di chi trascorreva intere giornate nelle calde (e spesso puzzolenti) stanzette del montaggio video, oppure affiancavo un tecnico per campire qualcosa di più sul suono o sulle illuminazioni.
Nei mesi ero divenuto una sorta di factotum, felice di esserlo, che trascorreva oramai tutte le sue ore diurne gestendo immagini in movimento.
Ma quando staccavo...avevo bisogno di campagna.
Proprio in quel periodo capitò una grande occasione, e con tutti i miei risparmi acquistai un castagneto non troppo distante da casa: era lì che mi rifugiavo, spogliato di quel gilè e di quella camicia a quadri, ed acquisivo odore di legna tagliata, di motosega, di terra e di fuoco.
Che si trattasse di funghi, di legna da ardere, di erbette selvatiche o di castagne, io dovevo muovermi tra quei silenzi di bosco, e fondermi con quelle armonie tanto antiche.
Camminavo, e guardavo le fronde che lasciavano scoprire il sole, e facevo lunghi e profondi respiri: era un contrappasso, e dove prima ero chiuso con un computer a respirare aria viziata ed a "lobotomizzarmi" con quelle immagini tanto piccoli, adesso con ampie falcate seguivo la pista di un cinghiale, ripulivo un sentiero, accendevo fuochi per compagnia o facevo la punta ad un bastone.
Ero felice in quel luogo, ricaricato di quel Bello e Tanto.
C'era (e c'è ancora) una pietra su cui mi sedevo al tramonto, rinominata da me "il sasso del pensiero" perchè era lì che attendevo il crepuscolo tra odore di tabacco, sapore di legna e musica di armonica.
Su quel sasso sono nati così tanti pensieri che oggi vivo quotidianamente.
Su quel sasso io pensavo a Lei lontana (ma sempre vicina) ed al Podere.
Su quel sasso una sera di dicembre capii che era il momento di cambiare, e che una maggiore stabilità economica mi sarebbe occorsa per indirizzarmi proprio a quel futuro tanto agognato.
Per tale scopo la televisione mi andava stretta, e sentivo come certa la necessità di indipendenza: aprire una ditta di produzioni video non fu una cosa difficile, ma rischio ben presto di rivelarsi come una follia.
Rimanere nel paesello era di perse Anacronistico, ma pretendere di edificare un tale sogno proprio in quel luogo era percepito come un gesto assolutamente sconsiderato, eppure io ne ero convinto e dovevo provarci.
Il mio ottimismo voleva vincere, seppur fosse quasi impossibile pensare di vivere (non solo quel nuovo progetto) in un luogo che apparentemente mi tagliava le ali ad ogni idea, mi respingeva e che stentava a prendermi sul serio.
Essere preso sul serio: questo è un tema che ha sempre accompagnato la mia Vita, e sul quale ho combattuto le battaglie più silenziose e dolorose.
Entravo ed uscivo dalle chiese, dai municipi, dalle piazze e dagli stadi: sempre presente, ma questa volta tentando di vendermi con quella professione dal nome così complicato per i miei compaesani e per i vicini.
Videomaker...e non volevano proprio intenderlo.
Videomaker...e continuavano a storpiare quella parola.
Videomaker...ed alla fine ero "quello dei filmini" che chiamavano per le cose (spesso) più noiose e lunghe (e naturalmente peggio retribuite).
Come un moderno Don Chisciotte andavo a sbattere quotidianamente contro i pregiudizi e le ristrettezze mentali di privati, ditte, associazioni ed enti.
"Non puoi fare il Sergio Leone della situazione...ogni volta!"
"Pensa a far ciccia e fregatene della tecnica!"
"Secondo me perdere tutto codesto tempo per dei lavori che non capiranno mai..."
Queste alcune delle frasi che alcuni professionisti navigati mi rivolgevano quando mi vedevano lavorare.
Eppure per me c'era così tanto bisogno di far le cose bene, senza approssimazione, e mettendoci al loro interno quel poco di poesia o romanticismo che tanto adoravo mettere nella mia Vita.
Uno spot di un canile diventava trentasecondi di simpatia, un matrimonio era una storia da raccontare, una partita di calcio erano facce di tifosi colme di passione.
Ogni cosa tentavo di farla al meglio...
Ed un giorno quasi inaspettato mi fu proposto qualcosa di sensazionale: andare nelle scuole medie e parlare agli studenti di cinema e...provare con loro a fare cinema.
Questo fu il premio ricevuto dopo tanti sacrifici e fatica.
La soddisfazione di tale ingaggio mi fece ridere per almeno due giorni consecutivi, e quel senso di leggerezza prevalse su quella pesante situazione del mio conto in banca
Curiosità avide, intraprendenza, chiacchiericci, domande banali, domande fenomenali: ero diventato una sorta di insegnante, ed in mezzo a tutte quelle testoline fresche e frizzanti, anche i miei pensieri volavano alti come non mai.
Riassumere quanto mi fu dato da quei bimbi non è per me cosa possibile, e neanche dopo tanti anni saprei descrivere quella soddisfazione: mentre io insegnavo a loro, loro insegnavano a me e mi spronavano a non abbandonare mai i miei Sogni.
 Lei si stava per laureare, e già tre anni erano trascorsi tra storie di telecamera ed Amore.
Fu in quel momento che decisi di uscire dal nido per non farvi mai più ritorno, mettendo per la prima volta il mio nome su di un campanello e trasferendo bagagli, pacchetti e speranze in quella nuova casa.
I tigli ed i lecci a quindici metri dall'uscio di casa, il bosco a trenta passi e quell'orto sotto alla terrazza mi facevano sentire in campagna pur vivendo nel paese.
Una pianta di lavanda fu trapiantata in un vecchio vaso di coccio, e la mia prima notte in quell'appartamento trascorse insonne e con il cuore che cantava contentezza.


Queste le altre parti del racconto:
http://agricoltoreanacronistico.blogspot.it/2016/02/racconto-di-vita-anacronistica-per-un.html


Piove, ed ognuno c'ha il suo male

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Piove, dopo una pausa di una settimana.
Piove, in un finale di Maggio che già sapeva di estate.
Piove, anticipando ogni previsione.
Piove, su 5 ettari di fieno falciato ed andanato.
Piove, maledetta la miseria ladra!
Piove, ed il fieno andrà a marcire.
Piove, ed io mi chiedo: cosa farò mangiare agli animali?
Piove, e mi dolgano le ossa come di Novembre.
Piove, e non son mai contento...ri-maledetta la miseria ladra.
Piove, e la solita "signora di turno" mi si lamenta perchè non può godersi la casetta al mare.
Piove, e il solito "signore di turno" mi si lamenta perchè le tre pianticelle dell'orto gli stanno ingiallendo.
Piove, mentre al vicino marcisce il grano che era già maturo per essere trebbiato.
Piove, e penso a quanto c'ho rimesso di soldi e tempo per quei famosi 5 ettari coltrati (aratri), morganati (passati con erpice a dischi), erpicati, seminati a Loietto e Trifoglio Squarroso, ancora erpicati, e poi dopo sei mesi falciati, ranghinati, e...
...e adesso lì a marcire, proprio perchè io sono un bischero e continuo a voler consultare i siti meteo specializzati invece di fidarmi solo dei miei dolori alle ossa.
Piove, ed io sentivo che la perturbazione sarebbe arrivata 24 ore prima di quanto previsto dai professionisti, ma mi son voluto fidare.
Piove, e c'ho rimesso un'annata di lavoro...per 24 ore.
Piove, e non posso fare altro che darmi del bischero, ri-ri-,maledetta la miseria ladra!!!
Piove, ed il prossimo sfalcio preferisco averlo trapassato piuttosto che bagnato.
Piove, ed ognuno c'ha il suo male...


Nutrire le Api

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In questi giorni le visite alle Api sono più frequenti, e la constatazione è sempre la medesima: scarsa attività fuori dall'alveare.
La pioggia per prima, e le temperature minime ancora sotto i 10°C, costituiscono un enorme FRENO alle Api.
Non escono, e non c'è quindi attività: le bottinatrici rimangono nell'alveare, e le operaie sono costrette ad attingere alle proprie scorte di miele per sopravvivere.
In pratica: le apri non escono, le api quindi non bottinano, le apri devono comunque nutrirsi, le apri usano il miele stoccato e già opercolato (saldato con uno strato di cera).
Il primo miele che viene usato è proprio quello dei melari, la porzione dell'alveare dove risiedono i telai a miele...propri i telai che vengono usati dall'apicoltore per smielare, ossia togliere il miele.
Terminate quelle scorte le api si spostano nei telai a nido (quelli più grandi che risiedono nella parte bassa dell'alveare), e compiono la medesima azione.
E poi?
E poi le api non hanno più miele a disposizione per sopravvivere, e non possono uscire in rpesenza di brutto tempo.
Ed ecco che la pioggia può rappresentare, in questo periodo dell'anno deputato proprio alla bottinatura, non solo uno stop alla produzione di miele per l'apicoltore, ma anche un pericolo per la vita delle api.
...
Se penso ai melari di fine aprile ed inizio maggio, ed a come si stavano riempendo di ottimo miele...
...e se penso che con la visita di stamani non ho trovato neanche una celletta di miele nei melari...
...inizio ad essere preoccupato.
Nutrire le api diviene a questo punto un obbligo.
Acqua di fonte e zucchero di canna (rigorosamente bio), assieme per divenire uno sciroppo prelibato.
Un nutritore per alveare, e tanta pazienza.
Questa mattina le api erano letteralmente impazzite di fronte a quella "manna".
Le api devono sopravvivere.
Ed intanto le nuvole nere tornano a solcare il cielo caldo di inizio giugno, mentre la botte è pronta con il ramato e mi attende un pomeriggio di trattamento della vigna...l'ennesimo.
Piove!

Brevissime di un Giugno come un altro

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"C'ho da fà più di quello che morì di notte perchè di giorno 'un avea tempo..."


Oggi avrò bevuto almeno 4 litri d'acqua mentre ero sul trattore, ed ho sudato (dall'alba al tramonto) tre magliette.
La doccia serale (praticamente notturna) m'ha rimesso al mondo, ma la cena tarda (alle 22:00) m'impone di non coricarmi subito, e quindi provo a contare le lucciole che illuminano l'orto dietro casa, o a scegliere il canto di un grillo e lasciarmi cullare mentre aspetto l'ora per dormire.
Questa sera ho terminato la falciatura del fieno, e già da domani dovrò ranghinarlo in modo che il trifoglio non preda tutte le foglie.
I calli nelle mani sono neri di morchia, nonostante il bruschino e la pasta lavamani usata almeno cinque volte.
C'è un bel profumo di fieno tutt'intorno casa, mentre le braccia arse odorano di sapone ed Estate.


Giugno, infinito mese.
Giugno, il mese dove si spoggetta.
Giugno, il mese del fieno.
Giugno, il mese dove non si dorme mai.
Giugno, le preoccupazioni per le acquate...quando la roba rischia di marcire o di ammuffire.
Giugno, il mese della siccità...quando la roba non va avanti, si secca, e tutto muore troppo presto.
Giugno, con le ciliegie cariche di moschini.
Giugno, con le rondini che picchiano sul vetro della finestra.
Giugno, con duecentosettantacinque mosche attaccate al soffitto di casa.
Giugno, dove con l'ammazzino si devono cacciare le mosche per non sopperire.
Giungo, dove le puppe delle capre scoppiano.
Giugno, dove nell'orto c'è così tanta roba, ma ancora nulla è pronto per essere consumato.
Giugno, dove le ore di luce impongono orari massacranti.
Giugno, e le galline depongono meno uova.
Giugno, ed i suoi profumi.
Giugno, il mese del mio compleanno.
Giugno, ed è davvero Estate.

La culla dell'Assiolo

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Fuori c'è un coro di grilli, e l'usignolo canta alla luna.
C'è luce, tanto da scorgere nel campo sotto casa una coppia di caprioli che sfiorano le ginestre a bordo vigna.
L'assiolo scandisce il passare dei secondi, con la sua malinconica musica che echeggia tutt'intorno al bosco.
Una macchina, e poi un'altra.
E silenzio.
E' una notte d'Estate questa, fatta di profumo di fieno tagliato ed di terra arsa dal sole.
Le stelle vincono sulla luna, e seppur poche primeggiano sopra il tetto del podere.
Nell'orto qualcosa si muove: magari la gatta, forse un riccio...e se così fosse povere le mie patate.
Tra poco suona la sveglia: le 4:50, per quella che sarà una delle ultime levatacce dell'estate.
La vigna da accapannare richiede frescura, e poi ci saranno le prode del bosco da ripulire.
Trattore nelle ore calde del giorno, ed un sicuro mal di testa che mi accompagnerà sino alla cena: talvolta troppo poco può il mio cappello di paglia ripetutamente bagnato dall'acqua contro lo stellone di mezzo luglio.
In serata farò visita alle api, a controllare che il ginestrino riscoppiato nel capo possa fornire loro il sostentamento adeguato anche per un poco di miele per me.
Luglio sta scivolando via, tra l'oidio nella vigna, ed i pomodori alti nell'orto, con i primi momenti di pausa (dopo tanto...tanto lavorare) ed il fondamentale riposo pomeridiano.
Alla sera c'è fresco, ed ancora si dorme con la coperta leggera.
Adesso è ora di dormire: il cane mi ha guardato e scodinzolante si è avviato verso la camera.
Lì mi aspetterà, sbadigliando e sgranchendosi le zampe nella cuccia improvvisata che si sarà fatto sotto al letto.
L'assiolo ha fatto una pausa...ma ha ripreso a cantare.
Un'altra macchina romba tra i poggi...e tra quattro ore suonerà la mia sveglia.

Un nuovo suono, un nuovo segnale da capire

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Ogni anno.
Al primo canto del cuculo cerco quattro spiccioli nella tasca: è arrivata la primavera.
Bussa il pettirosso alla finestra, e mi annuncia l'inverno.
La notte del primo bramito, il caldo viene annunciato.
L'assiolo mi parla di una notte silenziosa.
L'ululato del lupo mi fa accapponare la pelle, ma mi mette in guardia per i capretti.
Il canto del gallo mi sveglia al mattino.
L'abbaio del cane mi avvisa di notte e di giorno.
Il belato mattutino mi chiama al dovere.
Il frinire di cicala mi dice di mettere il cappello di paglia.
Lo zirlo del tordo mi dice di mettere la giacca più pesante.
...ma oggi ho avuto una grande sorpresa, ascoltando il pigolare di tre rondinotti appena nati nella stalla delle capre: è la prima volta, ed all'altezza giusta per essere osservati a meno di due metri da terra, mentre mamma rondine li governava a dovere.
Poi è uscita, garrendo, ed è rientrata certamente con un carico di cibo fresco per loro che erano affamati.
Quel pigolio cosa avrà voluto dire?

Orto d'estate: uno sguardo e la raccolta

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Oggi pomeriggio sono riuscito a dedicarmi all'orto, e mentre sudavo gobboni (chinato) sulla terra arsa, mi è venuta l'idea di fare qualche foto.
Da subito noterete che ancora una volta il mio NON E' UN'ORTO GIARDINO (o un orto "museo"), ma è la soluzione adatta al mio terreno, la mia disponibilità d'acqua, le mie capacità, la mia volontà ed alla Praticità.
Non troverete quindi 6 ravanelli in fila, 2 toppi d'insalata appena usciti dal parrucchiere, una super pianta di pomodori o roba simile...ma troverete una grande confusione organizzata che offre da mangiare a me ed alla mia famiglia.
Debbo anche sottolineare quanto il lavoro dell'orto sia portato avanti da mia moglie (nella prima parte dedicata alle semine ed ai trapianti, la realizzazione dell'impianto a goccia,e quotidianamente per la raccolta) ed a mio padre (quotidianamente per parte dell'annaffiatura, la gestione del verde, parte della pacciamatura ed il raccolto).   Il mio ruolo, in tutta questa storia, è quello di lavorare (e rilavorare) la terra, scegliere buona parte delle sementi e delle piantine da trapiantare, organizzare la rotazione e la consociazione, procedere con la maggior parte dell'annaffiatura, ed alternarmi tra erba da estirpare/tagliare/gestire, sfemminellatura dei pomodori, rincalzatura delle piante, e sopratutto mangiare la buona verdura.
Di seguito foto con didascalia.


Questo è l'orto come si presentava questo pomeriggio, con le numerosi parti a riposo (interamente pacciamate e prive di coltivazione), e le 5 aree.
Da sinistra; parte "Fukuoka" (pomodori, mais, zucchini fiorentini), "seconda mandata" con melanzane, quel che resta del "vernino", blocco pomodori,  zucchini e peperoni di "prima mandata", gli "interrati".
Provo a descrivere meglio.
La parte Fukuoka è una zona dove abbiamo lasciato che crescesse l'erba, per poi essere sfalciata e data quotidianamente alle capre: nel mezzo a tutto quel guazzabuglio ci siamo accorti che stavano nascendo molte piante di pomodoro (nella foto sopra).  Ci siamo quindi limitati a diradare, pacciamare e mettere il tutore ad una ventina di queste piante, e questo è il risultato.
In mezzo a queste, nata da chissà quale seme, si distingue una pianta di formentone (mais), con le sue tre pannocchie di discrete dimensioni.



Al centro dell'orto, nel reparto della "seconda mandata" si trovano il frutto dei trapianti fatti ad inizio giugno: zucchini Alberello di Sarzana, zucchini Fiorentini, pomodori Costoluti Fiorentini, pomodori Canestrino di Pisa (detto anche Pisanello), pomodori Pallini Maremmani, melanzane Fiorentine, peperone Pescarese.



Nella parte di orto "vernino" ad oggi son rimaste soltanto una quindicina di piante di porro, molta bietola a coste, il sedano, della cicoria e qualche toppo di cavolo verza.
Di seguito la parte che perlopiù è coperta da un'abbondante pacciamatura di paglia atta a mantenere fresco ed umido il terreno assai ricco di lombrichi.
Nella prossima primavera proprio qui avrà sede una parte del futuro orto estivo.



Penultima parte dedicata alla "prima mandata", con abbondante presenza di pomodori: i Rio Grande per la conserva, i Cuor di Bue, i Canestrini di Pisa (pisanelli), i Pallini Maremmani, i Piccadilly ed i Costoluti Fiorentini...tutti rigorosamente divisi da piante di basilico genovese.
Oltre a tutto questo sono presenti i peperoncini a cuore da far ripieni, i peperoni Pescaresi, i peperoni Corno di toro, i peperoni Scatoloni Gialli, gli Zucchini Fiorentini.



L'ultima parte dell'orto è quella degli "interrati", con un centinaio di piante di cipolla (il buona parte Rossa di Firenze ed in minima di Bianca Agostana) e le patate a Pasta Bianca (30 Kg alla semina).
Proprio questo pomeriggio ho cavato tutte le cipolle ed una cassetta di patate: vado a rilento ma la raccolta viene fatta sempre in ore troppo calde per essere portata avanti troppo a lungo.
Ecco un dettaglio della raccolta.





Purtroppo la stanchezza m'ha fatto essere poco preciso con alcune patate e lo zappetto ha segnato alcuni tuberi.
Ma son comunque soddisfatto del raccolto, considerando che di patate ne avrà da cavare molte cassette.



















Pensiero fatto allo specchio: il tempo che passa, gli acciacchi e le ambizioni

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Ci sono giornate che sembrano difficili.
Ci sono giornate che sono realmente difficili.
Ci sono giornate che definirle difficili è un eufemismo.
E poi ci sono giornate in cui non percepisco la difficoltà.

Queste per me sono le tipiche giornate che mi accompagnano e che mi hanno sempre accompagnato.
Questione di ascendente? Possibile.
Questione di fortuna/sfortuna? Non credo
Questione di atteggiamento? Molto possibile.
Fatto sta che, tra momenti in cui me la prendo tantissimo, e momenti in cui riesco ad ignorare il tutto, vivo una Vita che mi piace, e che nonostante tutto sento essere Mia.
La schiena che duole, la stagione avversa, i soldi che non sono mai "abbastanza", la voglia di fare, le difficoltà nel saper fare, l'insufficienza del fare, e poi ancora il tempo che corre, la vista che trema, il sudore che sgorga, ed ancora tanto...tanto da fare, sempre da fare.
Non una corsa, ma una salita quotidiana che mi appresto ad affrontare sempre con rinnovato spirito di scalatore, ma con fisico di "mangiatore di tortelli": ci rido, ci scherzo su, impreco, mi scappa anche qualche moccolo (bestemmia), mi riappacifico subito, salvo poi rinfiammarmi per poi riderci su ancora, ed ancora.
Una Vita di Passione, nelle Passioni quotidiane, sempre ritto sui pedali, senza voltarsi, puntando alla vetta, ma... col 'mi passo, senza esagerare (che poi mi tocca fermarmi stremato), sempre affiancato dall'Amore e dalla Comprensione di chi mi sta accanto, spronato, rimproverato, rassicurato, e spesso osservato in silenzio, con quelle parole non dette che arrivano più di mille discorsi.
Ebbene...
...ci son giornate in cui la difficoltà ti si presenta di primo acchito all'alba, e non ti molla mai un'attimo, bastarda, manco gli avessi fatto un qualche torto.
Eppure...
...ci son giornate in cui la difficoltà mi è realmente Amica, e sempre compagna: metro e metodo, freno ed acceleratore, buio e luce.
Guardo al tempo che passa con nuova (e per adesso strana) maturità, percependo a pieno quanto di fronte a me tenda ad accorciarsi, anche se solo un pezzettino al giorno, e non sentendo più quell'indomabile menefregaggine nei riguardi della distanza tra me ed il futuro remoto.
Quando si semina, non necessariamente si raccoglie dopo un mese: la vita non è fatta di soli ravanelli, ma anche di farnie!
E per le farnie, ci vuol tempo...tanto tempo.
Oggi è stato uno di quei giorni in cui tutto è stato un pò più difficile nel confrontarmi con futuro più distante.
Quel "voler fare" che non potrà, prima o poi, essere di pari passo con il "poter fare", e che mi porterà a cambiar passo, a scalare rapporto in quella nuova salita.
Il tempo passa, ed io ho la fortuna di poterlo percepire ogni giorno in mille manifestazioni, e la Salute talvolta tende a sfuggirmi di mano (anche m'impegno a tenerla ben serrata).
...
La bicicletta, come metafora di Vita, mi tiene allenato senza mai salire sui pedali.
Il tempo trascorre, ed io non oso mettervi rimedio: per fortuna non sono così scemo.
Ma ci sarà un giorno, presto o tardi che sia, che dovrò cambiar passo, semmai vorrò ancora (e lo vorrò) continuare a fare le salite.
Oggi, dopo molto tempo che non lo facevo, guardandomi allo specchio ho visto che quel viso di bimbo, mascherato da barba e voce d'uomo, inizia ad invecchiare, mentre le mani mi tremano ed i capelli vorrebbero imbiancare.
Desidero la Vita, e desidero che la Vita possa sopravvivermi.

Agosto: Non aver mai bisogno...

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Impressione di un Agricoltore che mal sopporta il caldo, la confusione ed i disservizi.
Impressione di un Agricoltore che con Agosto ci litigava anche da bambino.

Impressione di un Agricoltore che quest'anno, dopo molti anni, è andato al mare in un paio d'occasioni.
Impressioni di un Agricoltore che ha perennemente il giramento di scatole e scatoloni quando gli chiedono: "Ma perchè non ti fai due belle settimane di ferie in Agosto?"


Ed Agosto se ne va...
tra i dodici, lui, il mese che più mi fa arrabbiare.
Arriva dopo il caldo, e se ne va lasciando il caldo.
Arriva, e subito pare volerti dire: "Adesso non avere fretta, non rompere le scatole, adattati pretendendo poco da me. Posso far poco se il fratello luglio non si è impegnato abbastanza. Posso far poco se il fratello Settembre non saprà impegnarsi abbastanza! Son nato per le ferie io, mica per il Lavoro!"
Arriva, e tutto viene vissuto a rallentatore...
Non aver mai bisogno di un permesso in comune...
Non aver mai bisogno di una consulenza tecnica...
Non aver mai bisogno di un ricambio del trattore...
Non aver mai bisogno del tuo veterinario...
Non aver mai bisogno di una visita medica...
Non sentirti mai male...che fai prima.
Non aver mai bisogno del commercialista...
Non aver mai bisogno dell'associazione di categoria...
Non aver mai bisogno di un muratore per un intervento d'urgenza...
Non aver mai bisogno del meccanico...
Fai prima a non usarla l'auto, tanto non troverai posto in paese dove poterla parcheggiare.
Non aver mai bisogno di un pezzo di ricambio della caldaia...
Non aver mai bisogno di andare a cena di sabato sera...
Rimani a casa e sarai certo di quel che mangerai...e sopratutto sarai certo di riuscire a mangiare.
Non aver mai bisogno di un amico con cui fare due parole perchè saranno tutti in ferie, amici e nemici.
Non aver mai voglia di un bel film alla televisione...
Farai prima a lanciarla nell'aia quella scatola parlante, prima di riuscire a cavarne qualcosa di interessante.
Non aver mai voglia del tuo programma preferito alla radio...
Ci sarà un intruso a sparar bischerate ed a far sondaggi su quanto possa essere migliore una tal crema solare piuttosto che un'altra.
Non aver mai bisogno di frescura a ferragosto...
I cittadini avranno colonizzato tutti i castagni e tutti i faggi nel raggio di 100 Kilometri dal podere.
Non aver mai bisogno di andare al mare in tutta tranquillità...
Avrai solo travasi di bile per arrivare al mare (fila), parcheggiare al sole ed a prezzi esorbitanti (fila), trovare una spiaggia libera (fila), stenderti con l'ombrellone (sarà come giocare a tetris con ascelle, piedi, crani e zaini dei vicini accorsi lì per darti il benvenuto), andare al bar a prendere un gelato (fila), uscire dal parcheggio nella macchina che parrà una fornace (fila), rientrare al podere percorrendo la statale (fila) e la regionale (fila)...
Non avere mai bisogno di andare da qualsiasi parte, che tanto o troverai chiuso o troverai la....fila.
Sopporta il caldo, imprecando se necessario, e conta i giorni che ti mancano alla fine del mese.
E quando FINALMENTE Agosto se ne andrà, allora si che potrai riposarti finalmente iniziando la vendemmia a mille all'ora, facendo tirate dall'alba al tramonto a stare chinato e tirar su cassette, a stare preoccupato per le acquate improvvise, a pianificare tutto salvo poi reimpostare tutto all'ultimo minuto...
E quando finalmente Agosto se ne andrà, forse (e dico forse) potrai iniziare a dire "il più è fatto" e adesso mi riposo lavorando.

Tra un temporale e l'altro si prova a vendemmiare

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Condurre la propria azienda con metodo di Agricoltura Naturale vuol dire avere ben pochi mezzi per contrastare le conseguenze della stagione.
Nessun coadiuvante chimico, tanto in vigna quanto in cantina, per cercare di contrastare gli effetti della stagione...
...vivere col naso all'insù, sempre a guardar venti e nuvole, ad interpretare l'andamento climatico, e ad azzardare previsioni.
I dolori alle ossa...e certamente il meteo online, divengono fedeli alleati del sottoscritto e della propria famiglia.
Sole, tanto, nell'inizio del mese...tanto a parere un continuo di Agosto, con le prime verietà da vendemmiare assai pronte e con potenziale alcolico elevato.
Ma presto è arrivata la pioggia, certamente aspettata e desiderata, e questa ha dato un discreto cambio di ritmo alla vendemmia, rendendo il tutto più lento e delicato.
Ed ecco che negli ultimi giorni sono arrivati i temporali settembrini, immancabili da qualche anno a questa parte, ma con loro è arrivata anche la grandine.
La grandine, bastarda sempre, a questo punto è una vera e propria mannaia sul collo dell'uva: i grappoli pronti devono essere vendemmiati assai velocemente, ma quelli ancora indietro sono così esposti ai marciumi acidi che non tarderanno a presentarsi.
Già perchè i grappoli dell'uva, colpiti dai chicchi di grandine, si schiantano, aprendosi all'aria e facendo partire delle microfermentazioni che portano lo zucchero presente a divenire aceto (detto proprio in due parole...per intenderci).
E si capisce che, chi in cantina usa polveri e polverine, può anche permettersi di vendemmiare così l'uva, ma chi come me...come noi questo non lo prevede, tutto cambia.
Il caolino e la bentonite (argille fini) potrebbero essere soffiate con 'impolveratrice (la zolfatrice) nei filari, al fine di accelerare quel processo di asciugatura del grappolo che ridurrebbe il rischio di questi marciumi acidi...ma se continua a piovere questo non servirebbe a nulla...e la vigna è attualmente impraticabile.
Ed allora che si fa?
L'immagine bucolica del contadino spensierato col filo d'erba in bocca prevederebbe un epilogo romantico...
L'immagine dell'Agricoltore Anacronistico prevede ancora moccoli su moccoli (imprecazioni), attesa, preoccupazione, con la certezza che ci saranno compromessi da fare per eventuali rinunce.
Intanto per la prossima settimana sono previste sporadiche pause dalla pioggia, e queste serviranno per comprendere se e quanto l'uva sia ancora in grado di reggere ad altre acquate, visto che il rischio marciscenza c'è anche per quelle uve non colpite dalla grandine: l'acqua gonfia il chicco, e la pelle di questo ad un certo punto cede, lasciando che si creino lacerazioni e facendo entrare l'aria...il resto della storia lo conoscete.
Per fortuna che si guarda sempre al domani, e qest'anno la raccolta delle olive sarà velocissima:la siccità estiva, la mosca dell'olivo e adesso la grandinata ci ha alleggerito notevolmente l'impegno, lasciando (ad oggi) un quarto delle olive sulla pianta.
Non credo di avere molto da aggiungere a tutto questo: aspettare, con il naso all'insù, e correre ai rimedi, tra un temporale e l'altro.

Ed è Autunno...

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Non piove da una settimana ed il cielo, terso sino a ieri, oggi racconta che presto ritornerà a piovere.
Le foglie iniziano a prendere il giallo, ed il vento porta odore di bosco (solo appena) e di terra pronta.
C'è fermento nella campagna, e tutti stanno correndo con le semine e le vendemmie.
La ruspa nella collina di fronte ha ripreso a scavare e riorganizzare la terra, mentre il vicino corre con la sua semina dei suoi prati e fa andare il vecchio trattore ben oltre le ore di luce.
La notte è fresca, e le maniche corte presto spariranno per lasciare spazio a qualcosa di più caldo: questione di giorni...di ore.
Ieri sera il primo "odore di fuoco", ed un rigo che saliva da un podere più a valle: la prima accensione delle stufe/camini è quindi arrivata per qualcuno.
Quel bicchier di vino alla sera non è più un dissetante ma già fa da corroborante, e l'acqua nelle tinozze al mattino inizia ad essere fredda e noiosa per le mani.
L'odor di "Amore di Becco" condisce l'aria intorno al podere, mentre le galline spiumano "a freddo", preparandosi per ciò che sarà.
Un attimo solo, e l'ultimo garrire di rondine mi fa guardare sopra il tetto: sono partite questa mattina lasciando spazio agli storni, alle tortore ed ai merli.
Sta finendo Settembre, ed è Autunno...
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