Ci ho pensato sin troppe volte, temendo più che il giudizio, l'errore.
L'errore nel comunicare nozioni sbagliate o nel non saper approfondire.
Quindi, la prima premessa è la seguente: con questo post io NON HO INTENZIONE DI INSEGNARE L'APICOLTURA.
Sono e rimango un Agricoltore che, dei vari progetti portati avanti al Podere, si occupa anche di Apicoltura.
Se cercate specialisti del settore, io vi consiglio di andare altrove.
Come autodidatta mi sono cimentato per anni nell'allevare famiglie di Api e nel rubar loro un pò di miele, e tante sono le occasioni in cui avrei potuto parlarne qui, ma ho sempre e solo fatto accenni: pennellate di una Passione così forte, seppur tanto intima.
Cosa possa esserci di intimo nell'Apicoltura?
Per me è un'Amore, non un'infatuazione, né tanto meno un'attrazione; mi prende nelle meningi, nel petto, nelle viscere e sotto pelle.
Mi sprona e mi placa.
Ma sopra a tutto, mi chiama, costantemente.
Ed un giorno mi son ritrovato innamorato.
Una forza tanto grossa quanto talvolta dolorosa, che prima o poi mi ha costretto, e mi costringerà ancora, a fare scelte che cambino in qualche modo la vita.
Ecco un'ammissione che raramente faccio in pubblico: la scelta del vivere in montagna, in questi luoghi realmente isolati ed incontaminati, tanto è anche stata dettata dalla necessità di provare ad affrontare l'apicoltura in un modo ancor più personale, estremo, Anacronistico.
Allontanarsi dalle colline, dove l'aria era certo buona, ma dove il clima stava funestando ogni cosa, lasciando incisi e profondi i danni, che anno dopo anno tanto dolevano e nocevano alle api.
Allontanarsi per un posto FORSE migliore, con estremi e radicali cambiamenti, con scelte assai difficili da compiere, con le sue criticità, ma...ma dove l'acqua non mancasse: primo punto fondamentale.
Le api abbisognano di acqua: ne abbisognano loro per vivere, certo, di acqua pulita, ma ne abbisognano le colture arboree ed erbacee, e la selvicoltura tutta, dalle quali loro attingono polline, nettare e propoli.
Senza acqua i prati seccano, o comunque faticano a fiorire; senza acqua gli alberi non portano avanti fioriture importanti; senza acqua la Natura patisce, e le api periscono.
In Montagna c'è acqua, in montagna non ci sono le estati torride che fagocitano sempre più anche la bassa e media collina, in montagna c'è un ecosistema composto da una miriade di specie vegetali tali da assicurare Vita a questi insetti.
Ma...
Ma in Montagna c'è freddo, c'è troppa pioggia, magari ci sono gelate e neve sino a maggio, grandinate di giugno, freddo di luglio.
In montagna si restringe a quattro mesi scarsi il tempo per le api di sfruttare quell'abbondanza di bontà di specie di cui hanno bisogno per vivere.
In montagna l'uomo è ancora aggrappato alle tradizioni, al fare poco e bene, all'essenziale, all'autarchia, e sopra a tutto al rispetto per l'ambiente in cui vive.
Aspetti positivi e negativi, dove il rovescio della medaglia vince sempre, ricordandoci che non esiste regolarità e sicurezza neanche a quote elevate.
La sfida dunque è stata proprio questa, ossia cogliere una necessità, una passione, un'opportunità, e tenerle assieme con sacrificio ed amore, seguendo l'Istinto.
La sfida, appunto, è stata questa: Apicoltura in Montagna.
Apicoltura, senza radici ne esperienze, in un luogo sconosciuto, dove l'intuito, pochi racconti, e tanta osservazione rischiano di essere gli unici elementi per riuscire in questo.
Ma partiamo dall'inizio.
Era il Giugno del 2014 quando mi accadde qualcosa di inaspettato e sconvolgente.
Ero nel pollaio, al vecchio podere in collina, e stavo portando acqua ai polli che ne abbisognavano per la forte calura che era arrivata in quella giornata.
I polli stavano a becco lente, e si schiacciavano a terra a cercare u qualche refrigerio.
Era caldo, di quelli che pare avere un forno acceso difronte alla faccia, e la Natura tutta pareva essere sopraffatta, in quell'anno tanto piovoso quanto fresco.
Con una tanica riempivo i trogoli del pollaio, mentre le ovaiole facevano la fila per bere, ed i pulcinotti s'ammassavano disordinati facendo bagni ed infangando subito l'abbeveratoio a loro dedicato.
Posata la tanica sentii un rumore, come del vento che scuote l'alborello, improvviso, quasi arrivarmi addosso, ma...non moveva una foglia.
Mi girai, e vidi la luce del sole calare in controluce, e sopra di me una nuvola scura e ronzante, come di un frastuono sommesso, che mi scese quasi sul capo, schivandomi da ultimo per tuffarsi nel trogolo più grande non ancora conquistato dai polli.
Lì, a meno di un metro dai miei piedi, centinaia e centinaia di api riempirono ogni millimetro del bordo ed i lati di quel recipiente, e come un fiume di lava, continuavano ad ammassarsi ed ammassarsi, sino a colare in terra in un continuo scivolare e tremolare.
Grondavano, sino a toccare il terreno, per poi lasciarsi trasportare più n basso, come in quel trabocco vibrante.
Api, tante, tantissime, in quel rumore che mi trapanava quasi l'orecchie, sordo ed acuto, lasciandomi immobile ed affascinato.
Uno sciame.
Uno sciame aveva deciso di fermarsi, durante il suo tragitto verso chissà dove, nel mio pollaio, a bere in quel trogolo d'acqua fresca e chiara, senza curarsi affatto della mia presenza.
Zitto e buono, senza alcuna paura ne spavalderia, osservavo quel vomitarsi addosso di api su api, e di come organizzate andassero a lambire il bordo dell'acqua, salvo poi lasciarsi risucchiare da quel fiume vivente e sparire verso il terreno.
Zitto e buono, con cuore calmo ma eccitato per tanta bellezza.
Bevvero tanta acqua, tanta da vederne calare (seppur di poco) il livello, e poi successe qualcosa: come azionate da una scossa interna, s'alzarono tutte, come sparate a mezz'aria, dove presero a vorticare facendomi vento alla faccia, e lasciando che la pelle d'oca s'impadronisse sella mie braccia ignude.
Non sapevo cosa fare, non sapevo...e basta, ma mi piaceva: io mi stavo innamorando, e non lo capivo ancora.
Il cuore calmo, batteva forte e profondo, e gli occhi lustri mi facevano venire voglia di...ancora, di essere ancora in tutto quel vortice che mi stava inglobando, stringendosi.
Nemmeno un'ape mi sbattè sulla faccia, scoperta e vulnerabile, ed i brividi aumentarono tanto, sino a donarmi un forte formicolio.
Vorticavano, ed io al centro che le guardavo senza mai abbassare lo sguardo, con la bocca lente ed esposto ad ogni genere di rischio.
E poi gli occhi scesero su quel formicolio: ogni centimetro dei miei bracci e delle mie mani erano ricoperte di api.
Non esagero a dire che non si poteva scorgere neanche un lembo di pelle non vestita di questi insetti, vestito di un brulichio.
Pochi secondi e le api si calmarono, mentre il ronzare sopra la mia testa continuava tanto da siminuire ancora la luce del sole alla mia vista.
Non un secondo, non dieci, ma...alcuni minuti: tanto è durato tutto questo, sino al momento in cui le api dalle braccia si sono alzate in volo, nuovamente, per ricongiungersi a quello sciame che s'ingrossava si allargava di nuovo, facendo passare più lume.
I cipressi sullo sfondo erano tornati ad essere verdi, e ridistinguevo bene i contorni delle cose.
Nemmeno un pinzo...niente di niente, e mentre guardavo e toccavo quelle parti occupate sino a pochi istanti prima, lo sciame ripartì veloce verso est, oltre il pollaio, semplicemente svanendo.
Rimasi lì, ancora, pensando a quello che avevo appena visto e vissuto, emozionato con la voglia di baciare quel tempo. Incredulo e sovrastato, non comprendendo, ma sentendomi leggero.
Mi ci vollero alcuni secondi prima di riuscire a rimuovermi, cercando qualche ape che non trovai, e qualche pinzo che non era stato fatto.
Guardai il pollaio ed i suoi abitanti, tutti scostati da me, bloccati quasi fossero di pezza.
Non un rumore, ma solo gli uccelli che continuavano sui cipressi.
E d'un tratto, anche il pollaio tutto si rianimò.
Corsi in casa da mia moglie, ed esordii dicendo: "Se non mi crederai...ti darò ragione: non mi crederei nemmeno io, ma..."
Le raccontai tutto, tanto da farle venire gli occhi lucidi, in quell'impeto di emozioni che a fiotti mi sgorgavano dal petto, senza un filtro o un freno.
Credo che in tutto quel mio raccontare, lei abbia avuto anche tanta paura per me.
Io non ne ebbi, non so il perchè, in quel misto di incoscienza e desiderio che avevo vissuto.
Accennai la cosa, a fatica, a poche persone, e poi mi tenni tutto dentro.
Volevano credermi, ma farlo li spaventava per quanto mi era accaduto.
Un paio di mesi dopo, ruppi gli indugi, e ne parlai ad un caro amico apicoltore: lui, persona seria e professionista ancor più serio, da una vita faceva l'apicoltore, mantenendo una filosofia ed un approccio assai più "Naturale" (mi sia consentito questo termine) di quanti apicoltori avessi mai conosciuto o visto all'azione.
La sua sensibilità e capacità di osservazione, sommate alla sua esperienza, mi portò a confessarmi, parlando di quell'esperienza come di qualcosa di...illuminante.
Me lo ricordo mentre in silenzio, si emozionava sulle mie parole, sulla cronaca di quell'innamoramento.
E mi ricordo la prima cosa che mi disse, quasi empio di una sana invidia: "Sei stato molto fortunato."
Ma non si riferiva al fatto che quello sciame non mi avesse massacrato di pinzi, ma piuttosto a quello a cui avevo assistito, e di cui ero stato reso partecipe in modo così...diretto.
Non usò termini tecnici, ma disse parole di cuore, senza giustificarmi quanto questo potesse rappresentare per me, ma giustificandomi quanto secondo lui questo episodio avesse potuto rappresentare per lo sciame.
Ci pensai, e quelle parole divennero sprono.
Non l'avrei più raccontato a nessuno, e dopo sette anni son qui a farlo a voi che leggete.
E se non mi crederete...certamente non mi farete un torto, e non vi biasimerò per questo.
Ci vollero alcuni mesi, ma poi partii, in sordina, tanto emozionato quanto consapevole di dovermi approcciare con rispetto e apertura in quella nuova esperienza.
Nell'aprile 2015 le prime 4 arnie: 4 famiglie con regina dell'anno, in una buona annata, con un libro in una mano, ed una valanga di domande a cui dar risposte.
Partii così, sapendo poco e credendo che l'empatia per questi esseri viventi mi avrebbe dato quanto mi sarebbe bastato per far del bene a loro e far del bene all'ambiente.
Partii così, come spesso ho fatto, cercando di rubare informazioni da qualcuno assai più bravo di me, ed...osservando, osservando, ed ancora osservando.
Da quel momento iniziò la mia esperienza in apicoltura, iniziando ad incontrare innumerevoli problemi, tanto dettati dalle stagioni complicate ed avverse, quanto dalla mia profonda inesperienza.
L'avidità di conoscenza, la curiosità che mi affamava, un'invisibile bisogno di calma ed emozioni mi spingeva come carburante e ruote del mio quotidiano "fare ed essere" da Agricoltore Anacronistico.